SPOLTORE – Dopo la condanna del Tribunale Ecclesiastico, gli avvocati di Don Vito Cantò, l’ex parroco della chiesa di S.Camillo De Lellis a Villa Raspa di Spoltore, avevano chiesto che il loro assistito non fosse giudicato anche da un tribunale laico presentando un ricorso alla Corte Suprema, ricorso però ritenuto inammissibile.
I fatti risalgono al 2013 quando, su segnalazioni ben circostanziate di abusi di natura sessuale nei confronti di un ragazzo all’epoca minorenne, il vescovo di Pescara Mons. Valentinetti decide di sospendere cautelativamente Don Vito Cantò il quale lascia la parrocchia e si dimette da educatore negli scout dell’Agesci.
Nel 2014 inizia il processo canonico, contestualmente i genitori del ragazzo decidono di rivolgersi anche alla magistratura ordinaria che affida le indagini alla Squadra Mobile di Pescara. Intanto il processo canonico si chiude con una condanna di divieto perpetuo allo svolgere attività parrocchiali con minorenni ed altre pene accessorie come l’obbligo per 5 anni di vita monacale.
Nel frattempo le indagini della Mobile portano il Pm della Procura di Pescara Salvatore Campochiaro a chiedere il rinvio a giudizio nel 2016, ma l’avvocato del sacerdote, Giuliano Milia, cautelandosi con un’iniziale richiesta di rito abbreviato, si rivolge alla Cassazione sostenendo che è stato sufficiente il giudizio canonico. Tuttavia, se da una parte arriva il no dai giudici della Corte Suprema, dall’altra arriva l’accoglimento da parte del tribunale collegiale di una lunga serie di messaggi tramite whatsapp, risalenti a circa 4 anni fa, che porrebbero dubbi sulla credibilità del principale teste d’accusa.
Di questa misteriosa chat e di altro se ne parlerà il prossimo 23 novembre quando si svolgerà una nuova udienza al tribunale di Pescara e nella quale saranno ascoltate le due persone.