PERUGIA – Torna alla Corte d’Appello il processo sul delitto di Meredith Kercher, la ragazza inglese assassinata a Perugia nella notte tra il primo e il due novembre 2007. I due imputati, Raffaele Sollecito e Amanda Knox, dovranno comparire nuovamente davanti ai giudici, ma questa volta a Firenze perché a Perugia c’è un solo collegio di corte d’assise d’appello. Si sgretola la sentenza di assoluzione di secondo grado che, sulla base di un’articolata perizia tecnica, aveva assolto i due ragazzi indicati dall’accusa come gli autori del delitto in complicità con l’ivoriano Rudy Guede. Amanda, che ha seguito le fasi finali del processo dalla sua abitazione di Seattle, negli Usa, ha confidato al proprio avvocato: «Continuano a non credermi». Raffaele Sollecito, che nel giorno della sentenza ha compiuto 29 anni, ha invece confidato all’avvocato Luca Mauri: «Sono deluso. Ma io sono innocente e posso continuare ad andare avanti a testa alta». «Pensavo si potesse mettere la parola fine a questa vicenda»., ha aggiunto. Sollecito ha telefonato ad Amanda, come ha riferito la compagna del giovane rispondendo al citofono ai cronisti: «Vedranno cosa fare». La ragazza, sentita dal Tg3 Veneto, ha poi detto che Raffaele è distrutto e «non sta parlando con nessuno. Ricominciare è dura».
Nella sua requisitoria, il procuratore generale della Cassazione, Luigi Riello, aveva duramente criticato i giudici d’appello: «In questo processo il giudice di merito ha smarrito la bussola», ha detto Riello. «Ci sono tutti i presupposti perché non cali il sipario su un delitto sconvolgente di cui per ora resta come unico condannato Rudy Guede». Dopo il verdetto che ha sostanzialmente accolto il ricorso della procura generale di Perugia, Riello ha spiegato che il nuovo processo di Firenze sarà «su tutto. La sentenza della Cassazione – ha spiegato ancora il procuratore generale – sarà come un binario sul quale la Corte di Firenze si dovrà muovere, dirà quali principi seguire per rinnovare il giudizio». Il procuratore generale ha ribadito che in Cassazione sul banco degli imputati «non ci sono le persone ma le sentenze».
La Cassazione ha anche confermato la condanna a tre anni inflitta ad Amanda Knox per il reato di calunnia ai danni di Patrick Lumumba, il musicista del Congo da lei inizialmente indicato come autore dell’omicidio di Meredith. La condanna a tre anni risulta già scontata, perché compresa nel periodo che la studentessa americana ha passato sotto custodia cautelare in carcere, prima di essere assolta con il verdetto d’appello dall’accusa di omicidio. Lumumba era, dopo le accuse di Amanda, risultato completamente estraneo al delitto. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso presentato dai difensori della Knox per questo capo di imputazione.
«La sentenza della Cassazione ristabilisce credibilità e dignità scientifica al lavoro svolto dagli inquirenti nella fase delle indagini e la capacità di analisi dei laboratori della Polizia Scientifica», ha detto il genetista Giuseppe Novelli, consulente del PM nel processo, dopo aver appresso della sentenza della Corte di Cassazione . «Nel corso del processo di appello – spiega Novelli – la valutazione del lavoro svolto dalla polizia scientifica nel rilevare alcune prove era stata oggetto di aspre critiche da parte dei periti nominati dalla Corte d’Appello e la valutazione delle stesse era stata determinante per la sentenza di assoluzione di Amanda Knox e di Raffaele Sollecito. Ora si potranno valutare con maggiore serenità proprio quelle prove che furono contestate e che invece vennero raccolte in maniera del tutto professionale e corretta».
L’inchiesta sulla morte di Meredith Kercher è cominciata alle prime luci dell’alba del 2 novembre, quando il suo corpo privo di vita e dilaniato da molteplici coltellate, è stato ritrovato nell’appartamento di Perugia che la ragazza condivideva con altre studentesse. Secondo gli investigatori, Meredith è stata uccisa nel corso della notte. L’arresto della studentessa statunitense Amanda Knox, coinquilina delle vittima, avviene quattro giorni dopo, il 6 novembre. Con lei viene arrestato anche il fidanzato Raffaele Sollecito e Diya Patrick Lumumba, padrone di un bar della città, di nazionalità congolese, dove Amanda lavorava saltuariamente. Il 20 novembre Lumumba, accusato da Amanda di essere l’assassino, è rilasciato dal carcere per mancanza di prove. Il 6 dicembre tocca all’ivoriano Guede, estradato dalla Germania, dove è stato arrestato, e condotto in carcere non appena rientrato in Italia. Nel dicembre parte il processo. Guede, che ha scelto il rito abbreviato, è condannato a 30 anni di carcere in primo grado. La pena in appello cala a 16 anni. Il processo di primo grado contro Knox e Sollecito si apre invece il 16 gennaio del 2009. Nel dicembre successivo la corte riconosce Amanda e Raffaele colpevoli di omicidio e violenza sessuale, condannandoli rispettivamente a 26 e 25 anni di carcere. Nel corso del processo d’appello, un’indagine forense indipendente ordinata dalla corte d’appello trova che molte delle prove del dna che inchiodano Amanda e Raffaele sono inaffidabili. Il 3 ottobre 2011 i due ragazzi sono assolti.