MILANO – Nonostante le bordate del Pg di Cassazione che aveva chiesto l’annullamento dell’assoluzione paragonando la storia della nipotina di Mubarak a «un film di Mel Brooks», i giudici della sesta sezione di Cassazione hanno deciso diversamente: Silvio Berlusconi viene assolto definitivamente dal processo Ruby che in primo grado lo aveva visto condannare a 7 anni di reclusione e in secondo grado prosciogliere completamente. Una contraddittorietà delle sentenze, sanata ieri sera poco prima di mezzanotte dai giudici di Piazza Cavour che hanno accolto le tesi difensive dell’avvocato Franco Coppi e del suo collega Filippo Dinacci.
Finisce così una delle più lunghe nottate del Cavaliere (e non ad Arcore) con una decisione niente affatto scontata, che giunge ad appena 48 ore dalla liberazione anticipata dai servizi sociali per la condanna definitiva per frode fiscale e che, in un certo senso, viene messa in discussione dall’inchiesta ancora aperta a Milano e che lo vede indagato per corruzione in atti giudiziari in relazione al pagamento delle ragazze che testimoniarono sulle cosiddette «cene eleganti». «E’ finito un incubo, adesso torno in campo», avrebbe confidato Berlusconi da Arcore a quanti lo hanno raggiunto telefonicamente.
L’estenuante maratona dei giudici testimonia comunque una difficile unanimità su una vicenda che, non a caso, all’indomani del deposito delle motivazioni di secondo grado, indusse alle dimissioni il presidente della sezione d’appello che le firmò, il giudice Enrico Tranfa. Dunque, secondo i giudici supremi, quando Berlusconi chiamò alla mezzanotte del 28 maggio 2010 il Capo di gabinetto della Questura di Milano per chiedere che «la nipote di Mubarak» venisse affidata alla consigliera «parlamentare» Nicole Minetti (poi condannata a 3 anni per favoreggiamento della prostituzione ad Arcore), non commise alcun abuso, pur essendo in quel momento il presidente del Consiglio.
Fu invece il dirigente Ostuni, pur consapevole della «balla colossale» sulle vere origini di Ruby, marocchina minorenne scappata da una comunità protetta in Sicilia, a mettere in atto «un’accondiscendenza incautamente accordata per timore reverenziale, o mera compiacenza». Così come, nonostante le intercettazioni e il fatto che Emilio Fede avesse incontrato Karima El Marhoug cinque mesi prima a un concorso di bellezza in Sicilia scambiandola per una tredicenne e l’avesse poi accompagnata ad Arcore, Berlusconi sarebbe rimasto inconsapevole della minore età di Ruby fin quando non intervenne per «liberarla» dalla Questura. Per la Cassazione, tutto ciò non rappresenta alcuna «illogicità».