BUSSI SUL TIRINO – Tutti assolti dal reato di avvelenamento perche’ il fatto non sussiste. Reato di disastro ambientale derubricato in disastro colposo e quindi non doversi procedere per intervenuta prescrizione. E’ la sentenza emessa, oggi pomeriggio, dalla Corte d’Assise di Chieti, presieduta dal giudice Camillo Romandini (giudice a latere Paolo Di Geronimo), riguardante la mega discarica di Bussi. I 19 imputati, sono quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison.
I pm del tribunale di Pescara Giuseppe Bellelli e Anna Rita Mantini avevano chiesto 18 condanne e un’assoluzione e pene da 4 a 12 anni e otto mesi. La scoperta della discarica piu’ grande d’Europa, cioe’ 25 ettari di rifiuti tossici, risale al 2007 dopo piu’ di un anno di indagini del Corpo forestale dello Stato, coordinate dall’allora pm Aldo Aceto, avviate a seguito del ritrovamento nel fiume Pescara di considerevoli quantita’ di clorometanoderivati.
“Prendo atto che evidentemente la prima cosa che posso constatare e’ che le acque sotterranee, le falde acquifere che costituiscono una risorsa fondamentale per l’uomo, non sono oggetto di tutela ma leggeremo le motivazioni della sentenza”. E’ quanto ha dichiarato, all’esito della sentenza, l’avvocato Cristina Gerardis, dell’avvocatura dello Stato e parte civile nel processo.
“Certamente non si puo’ parlare di delusione perche’ un avvocato e’ abituato ad avere esiti favorevoli o sfavorevoli in un processo. Pero’ perplessita’ e un grande punto interrogativo ci sono perche’ studiando bene le carte del processo abbiamo potuto constatare la gravita’ della situazione ambientale di quest’area. Ritengo che la sede civile, quella che l’avvocatura dello Stato attivera’ sicuramente, sia una sede idonea a restituire al territorio, qualora l’esito della causa potra’ essere favorevole, un giusto ristoro in termini di riparazione ambientale che e’ quello che alla fine si vuole. Quello che si vuole e’ solo il ripristino ambientale”.
“I giudici hanno ravvisato delle responsabilita’ per colpa e la difesa ritiene siano stati colti dalla Corte tanti spunti dai temi proposti. Esprimiamo quindi grande soddisfazione”. Lo ha dichiarato uno dei legali della difesa, l’avvocato Baccaredda. “Naturalmente – ha aggiunto – leggeremo la motivazione della sentenza. C’erano tante aspettative da parte dell’opinione pubblica. La difesa sperava in maniera forte come erano state forti le nostre discussioni. E’ stata esclusa qualsiasi fattispecie con dolo”. Per l’avvocato Baccaredda “E’ una sentenza che ha tenuto conto che una fattispecie colposa ci poteva essere ed e’ del tutto diverso rispetto a quello che era stato costruito nel capo di imputazione del dottor Aceto”.
“Siamo molto soddisfatti perche’ e’ stata riaffermata davvero la giustizia. Altra questione e’ quella della ferita al territorio che non poteva essere risolta ovviamente in questa sede e per la quale dovranno essere predisposti tutti gli opportuni e necessari strumenti”. Cosi’ l’avvocato Tommaso Marchese, difensore dell’imputato Giuseppe Quaglia, 69 anni, originario dell’aquilano. “Le considerazioni – ha aggiunto Marchese – non possono che essere di grande soddisfazione per il lavoro della difesa, pero’, soprattutto, apprezzamento per il coraggio dei magistrati. Non possiamo nasconderci che c’era un’attesa della piazza completamente diversa, i magistrati si sono mostrati molto aderenti alla disamina dei comportamenti individuali e all’oggetto specifico del processo penale: le condotte degli uomini non le entita’ astratte”.
“Nessuna delusione. Le sentenze si accettano per quelle che sono. In tribunale non ci sono partite da vincere, ci sono questioni giuridiche da proporre all’attenzione del giudice”. E’ quanto ha dichiarato uno dei legali di parte civile, l’avvocato Nino Sciambra. “La prima considerazione – ha commentato – e’ che la Corte ha riconosciuto il fatto che un disastro e’ avvenuto ma nella formulazione colposa e questo ha fatto scattare la prescrizione. Questo potrebbe lasciare spazio alla proposizione di un’azione civile da parte del ministero dell’Ambiente. Per quanto riguarda l’assoluzione per avvelenamento – ha concluso – sarei piu’ cauto e aspetterei le motivazioni perche’ vorremmo capire qual e’ stato il percorso che ha seguito la Corte che evidentemente non ha riconosciuto l’esistenza di una strategia di impresa”.