L’AQUILA – L’Aquila potrebbe accogliere i profughi? Tecnicamente si, praticamente no. Il botta e risposta sull’argomento c’è stato sui social network, dove Cialente ha espresso dubbi sull’idea lanciata prorpio sui social da alcuni cittadini.
Questa la risposta del sindaco dell’Aquila: ” Leggo, un po’ ovunque, sorgere una nuova polemica, della quale in questi giorni potremmo fare utilmente a meno, sulla proposta avanzata dal Sig. Marco Manzo, responsabile di un’associazione di Pescara, che propone, nell’ambito di un piano di due anni, di ospitare a L’Aquila, nel progetto CASE, i profughi”.
“La polemica mi sembra – insiste Cialente – come purtroppo accade sempre in Italia, scatenata da posizioni ideologiche o populistiche che, come al solito, si contrappongono senza partire da alcuna analisi. Così come la proposta , certamente avanzata in una fede, la vedo priva di qualsiasi conoscenza della situazione aquilana e poggiata tra l’altro su numeri inesistenti.Una premessa. Rispetto a questo dramma dell’esodo biblico di popoli disperati, da uomo cattolico e con la mia storia di impegno nei valori della sinistra, io sto con le parole di Papa Francesco, che non fa altro che richiamarci ai 10 comandamenti ed al Vangelo, che coloro che si professano cristiani dovrebbero sempre seguire”.
“I profughi – aggiunge ancora il sindaco – scappano da guerre terribili, dalla morte, dalla fame, dalla disperazione.
L’Europa e l’occidente sono a mio avviso responsabili, non solo moralmente, di queste guerre civili, figlie di una destabilizzazione che abbiamo noi indotto in quei paesi, intervenendo con presunzione e calcoli errati (sempre per interessi economici e di meri calcoli di controllo di aree dello scacchiere internazionale), ritenendo di esportare, direi imporre, i nostri modelli storici, culturali, costituzionali e sociali. La vicenda, ormai storia, della guerra all’Iraq sulla base di false informazioni fornite premeditatamente dagli Stati Uniti, ciò che sta accadendo in queste ore in Siria tra USA, Francia e Russia lo testimoniano. Così come per la vicenda libica credo che dobbiamo ringraziare soprattutto Francia ed Inghilterra. Ma chi sono questi profughi? Sono si disperati alla ricerca di un progetto di vita, ma nel contempo sono una grande risorsa, un capitale umano di energie, di voglia di vivere, di avere un futuro. Sono identici ai milioni di Italiani ( ed ai due milioni di abruzzesi) che dall’inizio del 900 al dopo seconda guerra, (e di nuovo da qualche anno) si sono dispersi in Europa, Americhe, Oceania. Disposti a fare i lavori più umili e pesanti, quelli che magari i cittadini dei paesi ospitanti non volevano più fare (fonderie, miniere, camerieri in Inghilterra).
Sono forze vitali per un’Europa in crisi demografica forse irreversibile.Comunque sono forze nuove, risorsa per l’Europa, perdita per i loro paesi.E questo la Germania l’ha capito bene, accettando di ricevere i siriani in fuga, diplomati e laureati. In fondo sta facendo lo stesso con i nostri giovani medici, ingegneri, economisti.
I profughi che giungono in Italia solo in parte vogliono rimanere nel nostro Paese. Per molti il sogno (come biasimarli) è raggiungere il nord Europa, la Germania, l’Inghilterra”.
“Allora per l’Italia – aggiunge ancora il sindaco nella sua lunga analisi – si pongono due tipi di problemi. Il primo è quello di dare la prima ospitalità. Si tratta di un problema organizzativo: anzitutto creare efficaci centri per l’identificazione e quindi il riconoscimento dello status di rifugiato politico, quindi profugo, secondo le normative internazionali, poi quello di assicurare una limitata permanenza in idonee strutture, in attesa del passaggio in altri paesi europei. Per coloro invece che chiedono di restare in Italia, è necessaria una seria politica del governo.
Attraverso precise analisi e valutazione, si deve capire in quali aree del paese queste persone possano andare avendo la speranza di potersi costruire un futuro, un nuovo inizio, per loro e le loro famiglie.
Queste scelte nascono da valutazioni economiche, demografiche, occupazionali, anche prospettiche. Lavoro non facile, ma che ci permetterebbe anche, provincia per provincia, di leggere i veri dati quantitativi e qualitativi della disoccupazione o sottoccupazione italiana.
Una mano potrebbero darla il Censis, le Camere di Commercio, le associazioni di categoria, i sindacati, le Università, le Regioni, i Sindaci. Ma questa è politica, ed in questo momento provare ad articolare ragionamenti seri ed utili, da spiegare, di fronte alla rabbia e paura dei cittadini , è sforzo troppo grande per i nostri governanti”.
Dopo questa lunga analisi, Cialente parla della sua L’Aquila: “Fatta questa premessa, cosa può fare L’Aquila, soprattutto alla luce della proposta che giunge da Pescara? Problema della prima accoglienza e breve permanenza.
Purtroppo, purtroppo anche per noi, non possiamo fare nulla. In pochi, anche fra gli aquilani, hanno focalizzato che nella nostra città sono tuttora da ricostruire circa 1.200 alloggi di edilizia residenziale pubblica, e che addirittura aspettiamo ancora i fondi per avviarne i cantieri. Questi nuclei familiari sono tutti ospitati nel progetto CASE. Nel contempo, come da legge, vengono annualmente emanati i bandi per “le case popolari” alle quali rispondono centinaia di famiglie. All’ultimo hanno risposto oltre seicento nuclei che cercano disperatamente una casa popolare non potendo stare sul mercato degli affitti. Stiamo sistemando i cosidetti nuclei di fragilità sociale (selezionati con apposito bando) nei progetti Case, ma non riusciamo a far fronte alla domanda. Questa situazione mi porta a dire che per i prossimi due – tre anni (necessari per il recupero degli alloggi ATER), difficilmente disporremo di alloggi liberi, senza contare la scelta del consiglio comunale di concedere alloggi, quando saranno liberi, a famiglie over 65, studenti universitari, giovani coppie”.
E ancora: “Per quanto riguarda il secondo aspetto, vale a dire l’accoglienza a profughi che scelgono di vivere e creare un loro progetto di vita in Italia, purtroppo in questo momento la nostra provincia non può offrire una prospettiva. I dati economici sono terribili, sia per quanto riguarda i numeri delle varie forme di cassa integrazione, che per quanto riguarda la disoccupazione. In un Abruzzo che mostra segnali di ripresa, la provincia aquilana, soprattutto L’Aquila e la Valle Peligna, sono un buco nero. D’altra parte credo che per tutti noi, che viviamo a L’Aquila, non servano i dati: ogni giorno tocchiamo con mano la disperazione di tante famiglie.
Proporci oggi come ospitanti “definitivi”, vorrebbe dire non offrire alcuna seria possibilità di realizzazione per queste persone, visto che oggi stentiamo a dare risposta ai nostri concittadini, che si litigano disperatamente anche un contratto di tre ore al giorno per fare le pulizie al progetto CASE o in un ufficio. Stiamo lavorando, tanto, per assicurare, spero in tempi brevi, nuove possibilità di lavoro, il recupero di ciò che prima avevamo. Ma è dura, e credo che ci vorrà ancora qualche anno.Allora inviterei tutti a fare queste considerazioni prima di fare inutili polemiche, e contemporaneamente li pregherei di sperare che un domani , il più vicino possibile, ci potessimo trovare nelle condizioni di proporci per accogliere questi che io chiamo fratelli. Vorrebbe dire che L’Aquila avrebbe finalmente risolto i suoi drammatici problemi”.