ROMA – Quattro italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi del compound dell’Eni nella zona di Mellitah: lo rende noto la Farnesina. Si tratta di dipendenti della società di costruzioni Bonatti di Parma, che si occupa della manutenzione nell’impianto della multinazionale del gas. Ieri sera i quattro erano entrati in Libia dalla Tunisia. Diretti a Mellitah, sono stati sequestrati pochi chilometri prima di arrivare a destinazione, nei pressi di Zuwara. È ancora presto per valutare la matrice del sequestro.
Tre le ipotesi:
1) L’Isis. In quest’area è crescente la presenza di miliziani del Califfato islamista.
2) Le milizie. Nei giorni scorsi in Marocco è stato infatti firmato un accordo per la pacificazione nazionale senza gli islamisti di Tripoli. Il sequestro potrebbe essere un messaggio delle milizie contrarie all’accordo. È questa la tesi di Al Jazeera che, citando fonti militari di Tripoli, sostiene che i sequestratori sarebbero elementi vicini al cosiddetto «Jeish al Qabail» (L’esercito delle Tribù), le milizie tribali della zona ostili a quelle di «Alba della Libia».
3) Criminali “comuni”. Un’altra ipotesi è che si tratti di un sequestro a fine estorsivo. Nella stessa zona era stato rapito e poi rilasciato il tecnico italiano Marco Vallisa.
Il ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni ha affermato: «Siamo stati informati ieri sera e stiamo lavorando con l’Intelligence per raccogliere tutte le informazioni su questa azione criminale. È difficile al momento fare ipotesi sugli autori del rapimento. È una zona in cui ci sono anche dei precedenti». «Ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e concentrarci sul lavoro per ottenerne altre sul terreno. Quando abbiamo chiuso l’ambasciata italiana in febbraio – e siamo stati gli ultimi a farlo – abbiamo avvisato tutti i lavoratori italiani che la situazione si stava facendo davvero pericolosa».
«Sappiamo che ci sono ancora molti italiani e s tiamo facendo il possibile per garantire la sicurezza e di creare le condizione perchè i quattro rapiti siano liberi al più presto», precisa Gentiloni. L’Unità di crisi del ministero degli Esteri si è immediatamente attivata per seguire il caso ed è in contatto costante con le famiglie dei connazionali e con la ditta Bonatti. Come noto in seguito alla chiusura dell’ambasciata d’Italia in Libia il 15 febbraio, la Farnesina aveva segnalato la situazione di estrema difficoltà del Paese invitando tutti i connazionali a lasciare la Libia. Intanto la Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine. Il reato di sequestro di persona a scopo di terrorismo. Il pm ha affidato ai carabinieri del Ros i primi accertamenti per ricostruire quanto accaduto.