Andare al supermercato per acquisti è pratica giornaliera di persone normali; poi nei piccoli centri diventa occasione di incontri e di socialità, ancorché di convivialità. Si parla di tutto, di nulla, si ride si scherza e spesso il tempo vi trascorre con allegria e gioia. Tutto questo è uno spaccato di vita, quella che ci fa svegliare tutti i giorni: rientra nei canoni della normalità di un paese ancora libero. Ma la parola libertà nella “Italietta” non è stata ancora del tutto compresa.
Nel nostro tempo tecnologico e moderno, dove ormai la persona è un numero, o ancor peggio è un oggetto da mercato, si consumano situazioni a dir poco di arretratezza culturale che danno la misura di certa ottusità che lasciano senza parole. Figure o mezze figure in sembiante umano nel divenire giornaliero di sempre, fanno sfoggio di chiacchiere fastidiose. Sono quelli, altri numeretti da mercato, che ragionano con la pancia e non con il cervello. Si atteggiano a moralisti, poi all’occasione propizia mettono in campo tutto il loro ignobile provincialismo. Stiamo parlando di una oscenità, razzismo. Si, proprio l’odiosa parola. E’ successo anche questo.
E la vittima stavolta non è un immigrato magrebino, ma una signora abruzzese, la signora Sabrina Marchetti, celebre e talentuosa scrittrice, che da una vita, coraggiosamente con la sola forza del suo esserci, lotta contro una patologia, che la opprime, la Sindrome di Tourette, che la costringe a fastidiosi tic che le generano comportamenti incontrollabili e inspiegabili e a grida che possono farla passare per invasata, ma così non è. E’ un tic di origine nervosa che la catturano ogni attimo e che finora nessuno è riuscito a curare. Sabrina ne è consapevole, e questo l’ha portata a lottare strenuamente contro questa sindrome. Ha scritto libri che sono pugnalate sulla pelle per le sofferenze che ha narrato. Ha fatto video con infiniti “like”, con il disperato coraggio di chi vuole vivere nella normalità.
Venerdì scorso nel tardo pomeriggio, recandosi in un supermercato di una cittadina abruzzese, insieme ad un’amica, la signora Lara Falò, Sabrina, vestita di solo pigiama (ognuno è libero di vestirsi come vuole, il pigiama ha la stessa valenza di una tuta ginnica) ma nei limiti della dignità, rideva e scherzava, ma purtroppo il fastidioso tic, più volte si è impossessato di lei, ovviamente suscitando ostilità negli astanti, se non disprezzo. Al momento della cassa, il cassiere le ha chiesto bruscamente e con palese maleducazione di allontanarsi perché dava fastidio, al che, alle garbate proteste dell’amica, è successo il parapiglia (come succede spesso nelle periferie culturali). Sabrina ha chiesto del direttore e gli ha spiegato il suo problema, ma costui forte della sua arrogante posizione ha maltrattato e offeso più volte la signora Marchetti, usando terminologie qui irripetibili, e scacciandola dal locale come un cane.
Sabrina, adesso sta lottando anche contro questa violenza, verbale, ma che ha calpestato la sua dignità di persona. Questa è l’Italietta microscopica e cerebrolesa, becera, arrogante, servile e volgarmente mercantile che non vuole togliersi l’abito del ventennio del balcone e che scambia il dolore di una donna per maleducazione. Chiediamo giustizia per Sabrina Marchetti, perché lo merita, per il suo coraggio, per la sua voglia di offrire la sua sofferenza ai suoi simili, per il suo legittimo e infinito desiderio di vivere una vita normale. Chi scrive, ha avuto l’onore immenso di conoscerla e condividere la sua condizione. Non sarai sola Sabrina.
Francesco Di Rocco