MILANO – Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, interpellato sulle ultime indiscrezioni che riguardano l’uccisione di Giulio Regeni ha ribadito che: «Al di là delle valutazioni su queste notizie che non spetta al governo fare, è comunque chiaro che ci confermano nella nostra posizione che abbiamo assunto in modo molto chiaro in queste settimane». A margine di un convegno, il ministro ha aggiunto che «se si pensa che col trascorrere del tempo rinunceremo a chiedere e a pretendere la verità sull’omicidio di Regeni, si sbaglia».
Ieri fonti anonime degli apparati egiziani avevano rilanciato l’ipotesi, sostenuta già in febbraio dal New York Times, che Giulio Regeni fosse stato fermato dalla polizia il 25 gennaio, giorno della sua scomparsa terminata col ritrovamento del corpo torturato a morte. Ma stavolta le indiscrezioni, veicolate dall’agenzia internazionale Reuters, hanno aggiunto il rilevante dettaglio che il giovane ricercatore friulano sarebbe stato consegnato ai servizi segreti quella sera stessa.
E mentre il deputato Hani Durri Abaza sostiene che è in azione una «lobby estera per colpire l’Egitto», l’americana Cnn ha contattato la figlia del capo della banda di rapinatori di stranieri uccisi al Cairo e in possesso dei documenti di Regeni per farsi ripetere la sua accusa mossa alla polizia egiziana di averle ucciso a freddo padre, marito e fratello per far credere che fossero loro i torturatori a morte del giovane ricercatore friulano.
A proposito del fermo, una fonte del ministero dell’Interno ha smentito informazioni circolate nelle ultime ore circa sei fonti anonime della polizia e dell’intelligence egiziane – citate da Reuters – secondo le quali Regeni fu arrestato e poi trasferito ad un complesso gestito dall’ «Al-Amn al-Watani» («Sicurezza interna») il giorno della sua scomparsa.
Del resto l’estraneità degli apparati egiziani nella morte di Regeni continua ad essere sostenuta da tutte le fonti ufficiali del Cairo fin dall’inizio e in maniera chiara dalla conferenza stampa del ministro dell’Interno Madgy Abdel Ghaffar dell’8 febbraio. L’assenza di risultati nelle indagini e la scarsa collaborazione fra inquirenti egiziani ed italiani, hanno causato un incidente diplomatico tra l’Egitto e l’Italia, con il richiamo a Roma per consultazioni dell’ambasciatore italiano Maurizio Massari.
Cinque giorni dopo quella conferenza stampa, il New York Times citò «tre funzionari della sicurezza egiziana coinvolti nelle indagini» per sostenere che Regeni fu «prelevato» da alcuni agenti, ma la linea del Cairo non è cambiata. Anche oggi una fonte del ministero dell’interno ha sostenuto «che la polizia non ha arrestato Regeni né l’ha detenuto in alcun posto di polizia e tutto quello che viene ripetuto a questo proposito sono solo voci che mirano a nuocere agli apparati di sicurezza in Egitto e a indebolire le istituzioni dello Stato». La fonte ha aggiunto che non c’era ragione di torturare un giovane straniero che studiava in Egitto.