
ROMA – L’Italia è un «Paese arrugginito», per questo «avere il coraggio di fare scelte radicali». Matteo Renzi si presenta di fronte al Parlamento e chiede la fiducia al Senato. Il premier annuncia anche il «primo impegno» del suo governo, che è «lo sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione attraverso un diverso utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti». L’esito del voto pare scontato: servono 161 sì, il premier sulla carta dovrebbe superare quota 170. La conta è prevista in tarda serata. Il premier si presenta di fronte a un’Aula gremita. Tra le mani ha qualche appunto, ma l’impressione è che vada “a braccio”: «Ci avviciniamo in punta di piedi e con rispetto profondo e non formale che si deve a quest’Aula e alla storia del paese che qui ha un simbolo».
«Siamo qui a chiedervi la fiducia che è un gesto controcorrente non tanto nel linguaggio della politica. Noi vogliamo provare ad andare controcorrente», dice Renzi. «Sappiamo perfettamente che viviamo un tempo di grande difficoltà e struggenti responsabilità» e abbiamo la consapevolezza di dover «recuperare il coraggio e il gusto e il piacere di fare sogni più grandi e accompagnarli da una concretezza puntuale». «Se in questi anni avessimo prestato ascolto ai mercati rionali ci saremmo accorti che la richiesta è di tregua della politica rispetto ai cittadini: l’impressione che abbiamo dato è di angoscia tra politici e cittadini». L’orizzonte del governo Renzi non è breve, il premier lo ribadisce chiaramente: «Andare avanti fino al 2018 ha un senso se si avverte la consapevolezza dell’urgenza di misure per il cambiamento».
Renzi annuncia tra gli applausi della maggioranza che «il primo impegno è lo sblocco totale dei debiti della Pubblica Amministrazione attraverso un diverso utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti». «Il secondo impegno – rilancia subito – sarà la costituzione e il sostegno di fondi di garanzia anche attraverso un rinnovato utilizzo della Cassa Depositi e Prestiti, dell’unica reale e importante questione sul tappeto, quella delle piccole e medie imprese che non riescono ad accedere al credito». Parla di economia il premier: «Chi è entrato in una fabbrica o ha incontrato lavoratori, sa bene che quelli sulla disoccupazione non sono solo “numerini”, ma indici di una situazione «impietosa e devastante», che «richiede un cambio radicale della politiche economiche e provvedimenti concreti che con Padoan abbiamo discusso e approfondiremo nelle prossime settimane». Poi promette una riduzione «a doppia cifra» del cuneo fiscale con misure «serie, irreversibili, non solo legate alla revisione della spesa, che porterà già nel semestre 2014 risultati immediati».
Renzi parla di una angoscia nel rapporto tra politica e cittadini che porta alla sensazione di una Italia visto come un paese finito che ha giocato le tutte le sue carte. «Noi abbiamo deciso di cambiare». «Chiedere la fiducia oggi è un gesto» che significa «provare ad andare concorrente: si fa fatica. Chiediamo fiducia a questo Senato perché pensiamo che l’Italia abbia la necessità di recuperare fiducia per uscire dalla crisi, è arrugginita, impantanata da una burocrazia asfissiante», afferma Renzi. «L’idea che le norme succedute negli anni non hanno prodotto il risultato auspicato è sotto occhi di tutti. O si ha il coraggio di scelte radicali» o «perderemo il rapporto con chi da casa continua a pensare alla politica». L’Italia è «curiosa e brillante, è un’Italia che si vuole bene e che ci tiene a presentarsi bene«, continua il premier. «È un Paese che non ci segue perché è avanti a noi: siamo noi che dobbiamo inseguire» e faremo «di tutto per raggiungerlo con un pacchetto di riforme».
Il premier tiene il punto sulle riforme: sulla legge elettorale e le riforme costituzionali si è raggiunto «un accordo che va oltre la maggioranza di governo». Quell’accordo «lo rispetteremo nei tempi e nelle modalità prestabilite». Dopo aver rotto il ghiaccio, Renzi si concede anche una battuta: «Io non ho l’ età per sedere al Senato. Non vorrei cominciare con la citazione colta di Gigliola Cinquetti ma è così. E fa pensare che oggi davanti a voi siamo qui non per inseguire un record anagrafico, non per allungare il curriculum, siamo qui per parlare un linguaggio di franchezza». «Abbiamo nel dna il desiderio di confrontarci – spiega – . Ma stante la legge elettorale uscita dalla sentenza della Corte si sarebbe andati ancora verso un governo delle larghe intese, non sarebbe stato possibile per alcuno avere la maggioranza nei due rami del Parlamento. Noi abbiamo proposto che le regole del gioco siano scritte da tutti, farlo insieme è il valore fondamentale e costitutivo del rispetto delle istituzioni. E proveremo a farlo». Dai banchi dei 5 Stelle si alzano mugugni. «Il presupposto è che eravamo ad un bivio: o si andare alle elezioni, noi non abbiamo paura, siamo abituati a candidarci», replica Renzi che, davanti al rumoreggiare dei senatori 5 Stelle, ribadisce che il Pd non teme le elezioni «e lo dico a M5s che imparo apprezzare…». I grillini controreplicano con un applauso polemico. «Avremmo preferito un chiaro mandato elettorale», ma «propongo che questa sia la legislatura della svolta», rilancia il premier. La sfida è «indicare una prospettiva di futuro» e dopo aver vissuto «il semestre europeo come l’occasione per sei mesi di guidare le istituzioni dell’Europa», poter «guidare per vent’anni politicamente l’Europa».