ROMA – I cerimonieri della Casa Bianca hanno persino consentito a telecamere e giornalisti italiani di dare uno sguardo – con 30 ore di anticipo – alle posate, alle porcellane e alla tavola dove questa sera si consumerà l’ultima cena di Stato del presidente Barack Obama, ospiti d’onore Matteo Renzi e la signora Agnese.
Intanto il presidente del Consiglio è approdato a Washington molto compiaciuto per l’evento e anche molto adrenalinico, come raramente gli era accaduto nel passato. Sospinto da una «febbre» da caccia al consenso in vista del referendum del 4 dicembre, Renzi sta interpretando la missione con ritmi forsennati.
Ieri mattina, prima di decollare per gli Stati Uniti, Renzi ha trovato il tempo di far sentire la sua voce dalle onde di Radio 105, scrivere il suo pensiero su Enews, volare in elicottero in tre diverse iniziative in Toscana, partire per Washington. Qui, dopo dieci ore di volo e dopo il cambio abiti alla Blair House, il capo del governo si è trasferito a Villa Firenze, per partecipare al ricevimento organizzato dall’ambasciatore Armando Varricchio.
Un ricevimento che è soltanto l’antipasto di un’accoglienza, quella preparata dal presidente Barack Obama a Matteo Renzi, immaginata come un evento. A Washington il protocollo conta e il fatto che l’Italia sia stata scelta come la protagonista dell’ultima cena di Stato della presidenza Obama non è casuale, così come non è casuale l’enfasi di un giornale non distante dalla Casa Bianca come il Washington Post, che definisce l’invito a Renzi «un clamoroso voto di fiducia da parte dell’amministrazione Obama», anche in vista del referendum, mentre il Financial Times racconta di un’accoglienza «da star».
Durante i contatti diplomatici che hanno preparato l’evento, il messaggio più forte diretto dall’amministrazione americana a palazzo Chigi è stato quello relativo all’imminente referendum: appoggio incondizionato alle riforme e al Sì. Ma anche un consiglio: un’eventuale vittoria del No, non dovrebbe avere come conseguenza l’uscita di scena del leader italiano.
Ovviamente a Washington non si entra nei dettagli e non lo farà oggi Obama – dimissioni, reincarico, ecc. – ma il consiglio è quello: Renzi non deve mollare. I democratici americani investono sul capo del governo italiano, più che per effetto di un rapporto personale speciale – che pure è buono – tra Obama e Renzi – per motivi strategici: in un’Europa vacillante, non può entrare in crisi anche l’Italia di Renzi, tra l’altro paladino di un modello di politiche attive per la crescita, in linea con quelle dell’amministrazione Obama.