L’AQUILA – Ci sarebbe anche un presunto raggiro nei confronti di don Renzo Narduzzi, il parroco storico della chiesa di Santa Maria Paganica, deceduto lo scorso mese di dicembre tra i particolari contenuti nelle ordinanze di custodia cautelare e nelle intercettazioni telefoniche dell’inchiesta sulle presunte tangenti nella ricostruzione degli edifici di culto del centro storico dell’Aquila. Secondo l’accusa gli imprenditori coinvolti avrebbero “falsificato la firma di don Renzo Narduzzi e retrodatato l’atto della scrittura privata sottoscritta dal sacerdote per il conferimento dei lavori a Santa Maria Paganica”, i cui interventi di restauro, lo ricordiamo, ammontano a 19 milioni di euro, l’importo sul quale sarebbe stata calcolata la tangente dell’1%, pari a 190 mila euro.
In un’intecettazione, infatti, l’imprenditore Vinci afferma: “Siccome è dissociato.. lo abbiamo quasi accompagnato con la mano a firmare”, con riferimento al sacerdote in pessime condizioni di salute. Per il gip don Renzo “era inabile ad apporre la propria firma”. Sempre secondo l’accusa Vinci si avvicina ai lavori post sisma su Santa Maria Paganica grazie all’amicizia con il vice parroco don Rizzo.
A trovare le imprese disposte a costituire con l’imprenditore un’Ati per i lavori alla Chiesa sarebbe stata la Mancinelli, funzionario della Direzione regionale dei Beni culturali. Sarebbe stata lei ad intascare la mazzetta da 10mila euro in un ristorante di Carsoli che l’imprenditore Vinci avrebbe consegnato all’ex direttore regionale dei Beni culturali per l’Abruzzo, Marchetti, ex vice commissario alla ricostruzione post sisma dei beni culturali.
La Mancinelli, secondo l’accusa, avrebbe avuto anche un ruolo nell’attività di pressing nei confronti dell’ex premier Enrico Letta e di suo zio Gianni Letta, su incarico dell’ex vescovo ausiliare Giovanni D’Ercole, per far diventare la Curia soggetto attuatore al posto del Ministero dei beni culturali.