MARTINSICURO – Sono stati posti in stato di fermo per una decina di giorni. Poi, ieri, a conclusione di un’ “udienza sommaria”, sono finiti in carcere i due italiani trattenuti in Gambia, la cui nave da pesca è finita sotto sequestro per la presunta violazione delle dimensioni delle maglie di una rete presente a bordo, ma non utilizzata. A ricostruire la vicenda all’ANSA è la Italfish srl di Martinsicuro, società armatrice dell’imbarcazione (iscritta a Mazara del Vallo in Sicilia) e con una base operativa in Senegal.
Agli arresti, a Banjul, capitale del Paese africano, sono finiti il capitano della nave Idra Q., Sandro De Simone, di Silvi Marina e il direttore di macchina, Massimo Liberati, di San Benedetto del Tronto. Segue la vicenda anche la Farnesina, attraverso l’ambasciata italiana a Dakar, competente in Gambia, riferisce la società armatrice.
“Una decina di giorni fa – spiegano all’ufficio della Italfish srl che sta gestendo il caso – un equipaggio armato della marina militare locale è salito a bordo e ha intimato al comandante di raggiungere il porto più vicino. Hanno contestato presunte violazioni per una rete presente a bordo, ma non utilizzata, una rete le cui maglie, accertate con tanto di righello, sarebbero di 68 millimetri invece dei 72 previsti. Erano in stato di fermo, ma ieri, a seguito di una sommaria udienza, sono finiti in carcere. Un armatore è sul posto, mentre un altro è a Dakar, in contatto con l’ambasciata”.
De Simone è ripartito dall’Italia circa un mese fa, dopo un periodo trascorso a casa. Suo fratello Cesare racconta che “una quindicina di anni fa, in Somalia, era stato sequestrato dai pirati per diversi mesi. Portato a terra, aveva vissuto in una capanna – spiega – poi l’armatore era riuscito a far rilasciare lui e gli altri tre membri dell’equipaggio”. La moglie, come ha riferito il fratello del comandante, è rimasta in contatto con il marito “e l’ha sentito l’ultima volta ieri”.