PESCARA – Il verdetto del Tribunale di Pescara, atteso per oggi, sulla cosiddetta “Rifiutopoli abruzzese”, che conta tra gli imputati l’ex assessore regionale alla sanita’ Lanfranco Venturoni e l’imprenditore Rodolfo Di Zio è ancora incerto.
Il deputato di Forza Italia Fabrizio Di Stefano, anche lui imputato nel procedimento, tramite il suo legale, l’avvocato Massimo Cirulli, ha ricusato uno dei componenti del collegio pescarese, il giudice Francesco Marino, e quindi non e’ possibile emettere la sentenza fino a quando la Corte d’Appello non si pronuncera’ sulla questione. Il giudice e’ stato ricusato in quanto ha fatto parte del collegio del Tribunale di Lanciano che il 15 aprile scorso ha pronunciato la sentenza di assoluzione riguardante gli ex amministratori del Consorzio per lo smaltimento dei rifuti di Lanciano, tra i quali l’ingegnere Riccardo La Morgia. Il giudice Marino e’ stato anche estensore della sentenza.
Il deputato Di Stefano nell’atto di ricusazione, dopo avere sottolineato che nel processo di Pescara viene a lui contestato di avere agito al fine di esautorare l’ingegnere La Morgia dalla presidenza del Consorzio per impedirgli di sottoporre all’assemblea consortile la proposta di revisione delle tariffe, sostiene che il giudice Marino “non potra’ , pertanto, che essere condizionato dalla sua precedente valutazione circa il rinnovo del consiglio d’amministrazione del Consorzio, che rientra tra i fatti contestati al sottoscritto e concorre alla formazione del thema decidendum: donde la necessita’ di sostituirlo, previa ricusazione, a tutela dell’imparzialita’ del collegio giudicante”. Nel corso dell’udienza di oggi l’ex assessore Venturoni ha rilasciato una dichiarazione spontanea sostenendo sostanzialmente che il suo operato e’ stato improntato al perseguimento di interesse pubblico. Una tesi ribadita anche da uno dei suoi difensori, l’avvocato Lino Nisii,che durante l’arringa ha detto che il suo assistito non ha avuto “ne’ denaro ne’ altra utilita’”.
La vicenda giudiziaria ruota attorno alla realizzazione a Teramo di un impianto di bioessiccazione. Le accuse, a vario titolo, sono corruzione, istigazione alla corruzione, abuso d’ufficio, peculato, turbativa d’asta, millantato credito.