ROMA – Terzo sì alla Camera, con 357 Sì, 125 no e 7 astenuti, al ddl Boschi che torna all’esame del Senato per l’avvio della seconda lettura, trattandosi di riforme costituzionali, e lascia dietro di sé la spaccatura di Forza Italia. Avendo ottenuto “solo” 375 sì, e dunque al di sotto del quorum dei due terzi previsti dalla Costituzione per evitarlo, il cammino delle riforme prevede anche un referendum cui Renzi guarda già come “parola ai cittadini” a conferma del cammino riformatore.
Hanno votato a favore Pd, Ap, Per l’Italia, Scelta civica e Minoranze linguistiche; hanno votato contro Forza Italia, Lega, Fdi-An, gli ex 5 stelle di Alternativa Libera e Sel. I deputati M5S, invece, non hanno partecipato al voto. Folta la pattuglia dei deputati che hanno marcato la loro differenza rispetto alla linea del gruppo di appartenenza: da Stefano Fassina (Pd), che non ha partecipato al voto, a Gianfranco Rotondi (FI) che ha invece votato sì.
Soddisfatto Matteo Renzi: «C’è ancora molto da fare, lo sappiamo. E lo faremo. Ma intanto qualcosa si muove. E nell’Italia che era immobile da anni già questa è una notizia. Forza, che è davvero la volta buona», scrive su Facebook. «L’importante è non interrompere il percorso delle riforme. E oggi abbiamo fatto un altro passo in avanti», ha detto invece il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi.
È dentro FI che si consuma un clamoroso strappo con la lettera dei 18 parlamentari a Silvio Berlusconi per difendere il patto del Nazareno ma criticare anche, fortemente, la gestione del gruppo alla Camera e dell’intero partito: «Caro Presidente, desideriamo rappresentarti il nostro profondo disagio e dissenso rispetto alla decisione di votare contro le riforme istituzionali all’esame della Camera». I deputati, in larga parte vicini a Denis Verdini, rivendicano il lavoro sulle riforme e chiariscono di aver votato no solo «per affetto» verso il Cavaliere. La replica del Cavaliere è un invito a evitare «protagonismi».
«La conduzione del nostro gruppo parlamentare mostra quotidianamente un deficit di democrazia, partecipazione ed organizzazione: non è pensabile, per rispetto dell’intelligenza di tutti, che si continui a riunirsi per ratificare decisioni già prese altrove e che magari ti vengono rappresentate come decisioni unitarie del gruppo. Ebbene come dimostra questo documento il gruppo non è né unito né persuaso dalla linea che è stata scelta», è la certificazione del contrasto all’interno degli “azzurri”.
Acque agitate, peraltro, anche in casa Pd con il documento firmato da 24 esponenti di Sinistradem, l’area che fa capo a Gianni Cuperlo, per chiedere di riaprire il confronto sull’Italicum e le riforme costituzionali, «altrimenti – è l’avvertimento – ognuno si assumerà le sue responsabilità. Da parte nostra ci riserviamo fin d’ora la nostra autonomia di giudizio e di azione».