FARINDOLA – Gli indagati della vicenda di Rigopiano sono intenzionati ad avvalersi della facoltà di non rispondere. In attesa dell’arrivo del nuovo Procuratore Capo Massimiliano Serpi previsto tra un mese circa, il fascicolo sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano resta ora nelle mani del solo Sostituto Procuratore Andrea Papalia.
Lo stesso Papalia orientato a non fissare date per gli interrogatori dopo che alcuni avvocati difensori hanno velatamente manifestato l’intenzione di perseguire la linea del silenzio in attesa di avere un quadro più completo dell’impianto accusatorio.
Gli indagati sono il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il tecnico comunale Enrico Colangeli, il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, il direttore dell’Hotel Bruno Di Tommaso ed i dirigenti della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Biase, per tutti l’ipotesi di reato è omicidio colposo.
Intanto le indagini proseguono su più fronti, al vaglio degli inquirenti, in queste ore, i referti delle autopsie effettuate sui corpi delle vittime, mentre, in mattinata, Cristiana Valentini, legale, insieme al collega Goffredo Tatozzi, di Lacchetta e Colangeli, ha consegnato in Procura la richiesta di revoca della nomina di custode giudiziale al Colangeli, motivando dettagliatamente sul fatto che il tecnico comunale non ha gli strumenti per garantire una sorveglianza 24 ore su 24 dell’area della tragedia, oltre ad un’evidente ragione di opportunità, essendo anche destinatario di un avviso di garanzia.
Sabato mattina la Procura di Pescara aveva fatto recapitare a Colangeli una notifica nella quale veniva nominato come custode dell’intera area posta sotto sequestro. Nella notifica veniva anche specificata la possibilità di disporre della Polizia Municipale di Farindola, composta da soli tre agenti, oltre l’indicazione di apporre una ventina di paletti in vari punti perimetrali all’area, con la scritta “Area posta sotto sequestro, è assolutamente vietato l’accesso”.
Un provvedimento, quello della Procura, per certi aspetti singolare, ma in linea con quanto prevede il Codice Penale, oltre che necessario perché i carabinieri, dopo aver assicurato la vigilanza 24 ore al giorno per tre mesi in qualsiasi condizione meteo, hanno comunicato all’Autorità Giudiziaria di non poter più garantire un servizio simile, chiedendo un avvicendamento.
Tuttavia i legali di Colangeli, Cristiana Valentini e Goffredo Tatozzi, ritengono che per quanto il provvedimento sia secondo la legge, nei fatti è ineseguibile perché Colangeli non può disporre a suo piacimento di soli 3 agenti della Polizia Municipale, chiamati, tra le altre cose, a coprire per competenza anche i comuni di Montebello di Bertona, Villa Celiera e Civitella Casanova e che da solo non sarebbe in grado di vigilare 24 ore su 24 su un’area cosi vasta.