PESCARA – Il Procuratore reggente di Pescara Gennaro Varone e il sostituto Andrea Papalia hanno rigettato la richiesta di trasferire all’Aquila il fascicolo principale riguardante la tragedia di Rigopiano, avanzata dai legali del sindaco e del funzionario del Comune di Farindola, indagati ma anche firmatari a loro volta di un esposto che ipotizza responsabilità a carico della Protezione Civile regionale che appunto è ubicata nel capoluogo.
“Proprio a L’Aquila” -avevano argomentato nella richiesta di trasferimento i legali Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri- “sono stati realizzate le condotte che hanno originato la tragedia”. Ma per la Procura di Pescara fa comunque fede il “luogo del delitto” per radicare la competenza, “non essendo ipotizzabili nella forma doloso il delitto di disastro valanghivo o di crollo di edificio”.
Contro il rigetto della domanda i legali degli indagati farindolesi hanno già presentato il ricorso alla Procura Generale a L’Aquila, che avrà l’ultima parola in merito alla competenza. Intanto in Procura, è stato sentito il dirigente regionale della Protezione Civile Antonio Iovino, in particolare dal pool di avvocati che stanno effettuando indagini parallele per le quali sono stati costretti a chiedere l’intervento della Procura per sentire alcuni dirigenti regionali che non avevano risposto all’invito. Antonio Iovino era il superiore di Sabatino Belmaggio, l’altro dirigente ascoltato a fine maggio, all’epoca in cui, parliamo del 2014, venne prodotta una delibera di giunta che imponeva al dipartimento di protezione civile la realizzazione della Carta di localizzazione delle valanghe, disposizione però non ascoltata.
Ma in Comune non ci stanno. Il legali di Ilario Lacchetta, sindaco di Farindola, presentano ricorso contro il no della Procura di Pescara al trasferimento. Lacchetta e il tecnico comunale Enrico Colangeli sono indagati insieme ad altre quattro persone per disastro colposo plurimo, lesioni plurime e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro. L’inchiesta è quella che riguarda il crollo disastroso dell’hotel Rigopiano.
I legali del sindaco Lacchetta hanno presentato ricorso alla Procura generale contro la decisione del procuratore di Pescara Gennaro Varone e del pm Andrea Papalia, i quali hanno respinto la loro richiesta di trasferire l’inchiesta da Pescara a L’Aquila. Gli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, che assistono Lacchetta, Colangeli e il Comune di Farindola, contestano il perno delle motivazioni della Procura pescarese, secondo la quale “non essendo mai stati ipotizzati e non apparendo in alcun modo ipotizzabili i delitti di disastro valanghivo o di crollo di edificio nella forma dolosa, il delitto più grave va individuato in quello, posto in essere nel circondario pescarese, di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”.
In sostanza, la responsabilità sarebbe da ricercare nella mancata redazione del Piano Valanghe, quindi negli uffici aquilani della Regione. Uffici che non avrebbero redatto, nonostante una legge e una delibera di giunta lo imponessero, la Carta di localizzazione dei pericoli valanghivi.
“L’ipotesi delittuosa del disastro nasce da una constatazione assolutamente piana, fattibile da qualsivoglia esperto si voglia consultare in materia – rimarcano Valentini, Tatozzi e Manieri -. Non è pensabile prevenzione, cautela o vincolo urbanistico in area montuosa, in assenza della Carta di Localizzazione di Pericoli da Valanga, obbligatoria ex lege regionale 47/92, in Abruzzo come nelle altre sette regioni valanghive italiane”.