GROSSETO – Dopo la sentenza di condanna a 16 anni di reclusione e 1 mese di carcere Schettino pensa al futuro. Nel suo paese d’origine, Meta di Sorrento, accanto al fratello ha dovuto iniziare a metabolizzare l’ipotesi di finire in prigione, al termine di tre gradi di giudizio. Ma i suoi difensori, Domenico Pepe e Donato Laino confidano che qualcosa possa cambiare già in appello. «Sedici anni sono troppi – insiste quest’ultimo – e comunque non è vero che l’ex comandante della Costa Concordia abbandonò la nave. Ci sono molte prove che lo dimostrano e noi faremo di tutto per ribaltare il verdetto di ieri».
La Corte presieduta dal giudice Giovanni Puliatti non ha invece creduto alla tesi di Schettino, e meno ancora la Procura di Grosseto che aveva chiesto addirittura 26 anni. «Quel che conta – sottolinea il procuratore facente funzioni Maria Navarro – è che Schettino sia stato ritenuto colpevole di tutti i capi di imputazione da noi contestati. Gli hanno tolto l’aggravante della colpa cosciente per l’omicidio colposo plurimo e questo ha contributo a una pena più mite».
E Francesco Verusio, il procuratore capo che ha seguito il caso, da pochi mesi in pensione, oltre a dichiararsi soddisfatto per la sentenza, ribadisce la sua «perplessità per la scelta processuale di Schettino: avrebbe fatto meglio a scegliere il rito abbreviato, perché la sua colpevolezza era evidente e ci avremmo guadagnato tutti. Lui in termini di pena, che sarebbero stati ridotti di un terzo, noi italiani per i costi del processo dibattimentale più lungo e articolato».