ROMA – “Risulta, innanzitutto, provato che l’imputato abbia compiuto atti sessuali con El Mahroug Karima in cambio di ingenti somme di denaro e di altre utilità, quali gioielli”. E’ quanto si legge nelle 331 pagine di motivazioni della sentenza del processo Ruby che hanno portato in primo grado alla condanna a sette anni di carcere per l’ex premier Silvio Berlusconi, accusato di concussione e prostituzione minorile. Secondo i giudici, “la cronologia degli accadimenti oggetto del presente processo ed il chiaro contenuto dei dialoghi captati convergono nel fornire la prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della consapevolezza dell’imputato della minore età di El Mahroug Karima nella forma del dolo diretto”. Ancora, “ritiene il tribunale che la valutazione unitaria del materiale probatorio illustrato evidenzi lo stabile inserimento della ragazza nel collaudato sistema prostitutivo di Arcore ove, giovani donne, alcune delle quali prostitute professioniste, compivano atti sessuali in plurimi contesti”.
Da quanto emerge nelle pagine di motivazioni, Ruby “ha attivamente partecipato alle interazioni sessuali emerse nel dibattimento” e va chiarito “che è del tutto irrilevante definire gli esatti contorni degli atti sessuali compiuti dall’imputato”, “non occorrendo per la sussistenza del reato in esame un rapporto sessuale completo, essendo tuttavia sufficiente qualsiasi commercio del proprio corpo a carattere retributivo che sia oggettivamente tale da stimolare l’istinto sessuale del cliente”.
Secondo i giudici “lo spogliarsi, il ballare nude, scoprire con fare ammiccante il seno ed il fondoschiena, mostrare le proprie nudità all’imputato a distanza ravvicinata erano tutti comportamenti oggettivamente idonei a stimolare l’istinto sessuale di Berlusconi. Tra l’altro, il compimento di tali atti comportava spesso un contatto fisico con l’imputato, a più riprese nell’arco della serata, quali strusciamenti, toccamenti di seno e di parti intime, palpeggiamenti di glutei, cosce e fianchi”. Inoltre “risulta provato, d’altra parte, che il regista delle esibizioni sessuali delle giovani donne fosse proprio Berlusconi; il quale dava il via al cosiddetto bunga bunga, in cui le ospiti di sesso femminile si attivavano per soddisfare i desideri dell’imputato, ossia per ‘fargli provare piaceri corporei’, come chiarito dalla stessa El Mahroug, inscenando balli con il palo da lap dance, spogliarelli, travestimenti e toccamenti reciproci”. A tale preludio faceva seguito la notte ad Arcore “con il presidente del Consiglio, in promiscuità sessuale, ma soltanto per alcune giovani scelte personalmente dal padrone di casa tra le sue ospiti femminili. Certo è che, tra queste, egli scelse El Mahroug Karima in almeno due occasioni”.
Per i giudici “risulta provato che il compimento di atti sessuali da parte della minorenne fosse caratterizzato dall’elemento retributivo: la stessa, infatti, percepiva somme variabili di carica 3.000 euro per volta, oltre a gioielli”. Anche le altre ospiti femminili, secondo i giudici, venivano ricompensate “con denaro, con gioielli, con autovetture, con il pagamento del canone di affitto delle abitazioni in via Olgettina, con contratti di lavoro a Mediaset ed altre utilità”.
Secondo i giudici milanesi, poi, il Cavaliere “intervenne pesantemente” in Questura a Milano “sulla libertà di autodeterminazione del capo di gabinetto e, attraverso il superiore gerarchico, sul funzionario in servizio quella notte” per far rilasciare Karima. Berlusconi adombrò “falsamente un possibile incidente diplomatico” per consentire a Ruby di lasciare la Questura di Milano senza che emergesse la sua minore età.
Inoltre “risulta provato che l’imputato, pur di occultare il delitto di prostituzione minorile, non abbia arretrato di fronte alla commissione di un altro reato, quale quello di concussione punito ben più gravemente, così dimostrando una maggiore capacità criminosa”. Secondo i giudici il movente dell’azione connota “negativamente la personalità dell’imputato il quale non ha esitato ad asservire la pubblica funzione ad un interesse del tutto privato”.
Inoltre, “la negazione da parte di Karima di avere attivamente partecipato al sistema prostitutivo di Arcore rafforza ancora di più il giudizio di colpevolezza nei confronti dell’imputato posta che la stessa ha mentito perché è stata pagata dall’imputato per farlo”.