ROMA – Fino a qualche anno fa l’aspettativa di vita degli italiani era molto inferiore alla attuale. Ora si è arrivati a 82,8 anni di media, ma questa è una notizia positiva solo a metà. Perché in virtù dell’ultima riforma delle pensioni questo dato a partire dal 2019 fa scattare un ulteriore aumento dell’età pensionabile. Dagli attuali 66 anni e 7 mesi si passa a 67 anni tondi, con un ulteriore balzo di 5 mesi portando questo requisito ai livelli più alti in assoluto in Europa. «La Germania ad esempio arriverà a questa sogli solo nel 2030», segnala Domenico Proietti della Uil. In parallelo, sempre dal 2019, saliranno anche i requisiti richiesti dall’Inps per andare in pensione in anticipo rispetto all’età di vecchiaia (l’ex pensione di anzianità). Anche in questo caso saranno necessari 5 mesi in più, ovvero 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini (anziché 42 anni e 10 mesi) e 42 anni e 3 mesi per le donne anziché 41 e 10.
Per il totale dei residenti – spiega l’Istat – nel 2016 la speranza di vita alla nascita si attesta a 82,8 anni (+0,4 sul 2015, +0,2 sul 2014) e nei confronti del 2013 risulta essersi allungata di oltre sette mesi. L’aumento interessa ogni classe di età. A 65 anni arriva a 20,7 anni per il totale dei residenti, allungandosi di cinque mesi rispetto a quella registrata nel 2013. A tale età la prospettiva di vita ulteriore presenta una differenza meno marcata tra uomini e donne (rispettivamente 19,1 e 22,3 anni) che alla nascita.
La legge prevede che il governo adegui ogni tre anni (ogni due a partire dal 2019) l’asticella per la pensioni di vecchiaia sulla base delle indicazioni Istat. L’aggiustamento vale a partire dal 2019 ma la misura deve essere definita in anticipo entro quest’anno e sancita da un apposito decreto emesso dal Mef di concerto col ministero del Lavoro. Fino a quel momento ll’aumento di 5 mesi non è scontato: in molti nutrono infatti la speranza di uno sconto, seppure piccolo, anche di un solo mese rispetto alla nuova soglia.
Del resto, come ricordava ieri il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, «il calcolo dell’Istat dovrà prendere a riferimento il triennio 2014-2016, periodo nel quale, nel 2015, è avvenuto un calo dell’aspettativa di vita». Secondo il deputato Pd, che insieme a Maurizio Sacconi suo omologo al Senato, ha lanciato in estate un appello per rivedere il meccanismo di adeguamento automatico, «come scritto in una nota dalla Ragioneria generale dello Stato, questo accadimento – l’abbassamento nel 2015 – è stato inaspettato». Il dato, sottolinea, «non potrà quindi avere come risultato l’aumento di cinque mesi», come già stimato. Per questo Damiano e Sacconi si aspettano un calcolo «che tenga conto di questo calo e non solo degli aumenti», oltre ad augurarsi che la decisione sull’aumento dell’età pensionabile sia rinviata a giugno 2018.
I sindacati, che da mesi premono sul governo, chiedono a loro volta che il meccanismo venga bloccato. E che si introduca la possibilità di modulare l’età delle pensione in base al lavoro di ognuno, a seconda che sia più o meno gravoso. Nei giorni scorsi, però, era stato Gentiloni in persona al momento del varo della legge di Bilancio a gelare ogni aspettativa spiegando che il governo intendeva «rispettare la legge» vigente.