ROMA – Dopo le vacanze pasquali si torna al lavoro. Oggi è la prima giornata di lavoro per i due gruppi di saggi scelti dal Quirinale per sbloccare l’impasse politico. Alle 11 si è riunita la task force incaricata di occuparsi delle tematiche economico sociali composta da Enrico Giovannini, Giovanni Pietruzzella, Salvatore Rossi, Enrico Moavero Milanese, Giancarlo Giorgetti e Filippo Bubbico. A seguire, è stata la volta dei quattro che si occupano delle tematiche istituzionali: Valerio Onida, Mario Mauro, Gaetano Quagliariello e Luciano Violante.
Intanto si accende il dibattito sulla successione di Napolitano al Colle e in particolare su una possibile candidatura del Pd a favore di Romano Prodi. Per Gasparri «sarebbe un atteggiamento irresponsabile del Pd fare il pieno delle cariche con un solo terzo dei voti». «Saremmo – spiega l’ex ministro – di fronte a uno strappo delle norme della democrazia. Non vogliamo nemmeno prendere in considerazione questa ipotesi obbrobriosa». Dello stesso avviso anche il senatore Altero Matteoli che dichiara: «Bersani ed il Pd stiano molto attenti a non creare rotture politiche traumatiche pericolosissime per la tenuta stessa della democrazia». A cercare di gettare acqua sul fuoco di pensa Andrea Orlando (Pd): «Prodi è uno dei nomi che sicuramente viene in mente, tuttavia abbiamo detto che intendiamo lavorare per una candidatura frutto della condivisione. Questa scelta non la condividerebbe nemmeno Bersani. Sul fronte istituzionale noi siamo per la massima condivisione. Molto dipende da cosa faranno le altre forze politiche».
Le manovre per il nuovo governo la polemica tra i partiti. Non significa, ha precisato stamani Filippo Bubbico, senatore del Pd e membro della commissione istituzionale, «fare un governissimo o siglare un’alleanza strategica» ma «condividere priorità nell’interesse del Paese». I tempi, assicura un altro “saggio” Mario Mauro, capogruppo di Scelta civica a Palazzo Madama, «saranno molto concentrati», del resto, spiega con una battuta, «il buon Dio in sette giorni ha fatto molto di più». Che il tutto sia assolutamente «concentrato» lo confermano anche le parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, 8-10 giorni al massimo. Sono parole amare. Il Capo dello Stato si sente «lasciato solo dai partiti», «dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente».
Tra i partiti però cresce il malumore. E nuove bordate arrivano anche dai 5 Stelle. Scrive Crimi sul blog: «La scelta di Napolitano non è altro che un’ulteriore conferma della cecità che ha colpito la classe politica: ancora non ha compreso il risultato di queste elezioni. La logica partitica si riscontra oggi nei gruppi ristretti indicati dal Presidente, che di saggio hanno ben poco, e di politico hanno tanto. Altro non sono che la perfetta sintesi della realtà di partito che non vuole saperne di liberarci della sua presenza, ed alla quale gli elettori, con il voto di febbraio, hanno già detto addio».
Alle critiche ha risposto ieri via Twitter il portavoce del Presidente, Pasquale Cascella: «Non sono generici “saggi” ma personalità scelte con criteri oggettivi in funzione del lavoro già svolto e del ruolo ricoperto». Ma il punto è che la scelta di investire ancora sul governo Monti, e di accompagnarne le decisioni con i saggi, piace poco a chi avrebbe preferito che il Capo dello Stato certificasse lo stallo politico, magari con un voto di sfiducia in Parlamento a un eventuale presidente del Consiglio designato. Il Pdl, per dire, sente profumo di rivincita e vorrebbe andare a elezioni al più presto. Lo dicono in tanti, ma il più esplicito è Angelino Alfano: «Riteniamo opportuno che il presidente Napolitano riprenda le consultazioni con le forze politiche, e che le stesse forze politiche riprendano a parlarsi. La casa brucia e non sarebbero comprensibili altri rinvii e dilazioni». Alfano e Berlusconi immaginano ancora possibili nuove elezioni entro l’estate, perciò intimano: «I saggi facciano presto e riferiscano al Quirinale quanto prima. Il nodo politico resta irrisolto. Per noi l’alternativa è chiarissima: o c’è un’intesa politica piena che conduca a un governo di larga coalizione altrimenti è indispensabile andare a votare senza che sia resa impraticabile la finestra elettorale di giugno».