L’AQUILA – Una rapina con un tentativo di violenza nei confronti di una ragazza dell’Aquila di 26 anni, a confine con una delle zone rosse della città, in via Monte Velino ha dato l’input alle forze dell’ordine. La giovane aggredita, spintonata, rapinata e privata del cellulare, trascinata a forza dentro un palazzo inagibile, riuscì a divincolarsi dalla morsa dei suoi aguzzini e a denunciare l’aggressione alla questura dell’Aquila.
Un gesto coraggioso che ha permesso alla Polizia di Stato di avviare le indagini, portate avanti dalla Squadra mobile dell’Aquila diretta da Tommaso Niglio. Da qui è partita l”indagine chiamata “Papavero” durata solo pochi mesi che ha portato a sgominare una banda di stranieri richiedenti asilo dedita allo spaccio di droga al dettaglio e alla ricettazione e conclusa con 9 arresti e 24 perquisizioni eseguite all’alba dalla Polizia. In tutto sono 33 gli indagati, 31 dei quali richiedenti asilo e 2 i cittadini marocchini, mentre un uomo è ancora ricercato. Il gruppo criminale si era costituito all’interno di un centro di accoglienza dell’Aquila e formato da persone provenienti da Gambia, Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio, Niger e Mali.
Per tutti si è in attesa del nulla osta per l’espulsione dall’Italia e il rimpatrio nei Paesi d’origine, procedimento però non semplice proprio perché si tratta di richiedenti asilo, come spiega il capo della Squadra mobile Niglio, che questa mattina in conferenza stampa, insieme alla vice commissaria Benedetta Mariani della sezione Criminalità diffusa extracomunitaria , ha ricostruito la vicenda.
Fondamentale il ruolo che hanno avuto per il buon esito delle indagini altri richiedenti asilo che si sono messi a disposizione della Questura per tradurre le conversazioni tenute in stretto dialetto d’origine dei delinquenti. Dall’Aquila, il gruppo era stato poi diviso, per alcuni trasferimenti, ma gli indagati hanno continuato a delinquere nei luoghi in cui erano stati trasferiti: Avezzano e Sulmona.
Dalle tre città abruzzesi, il gruppo criminale aveva contatti anche con Roma e Firenze, per l’approvvigionamento della droga da rivendere. All’Aquila lo spaccio avveniva prevalentemente in via del Papavero – di qui il nome dell’operazione – in centro storico, con gli indagati che si muovevano su biciclette per facilitarsi le vie di fuga tra i vicoli del centro. Una tela di persone, tutte straniere, che avevano messo su una vera e propria organizzazione per il commercio e la vendita di droga al dettaglio e commercio di cellulari rubati nelle auto e nelle abitazioni, per loro i reati contestati son di rapina, tentata violenza sessuale, droga e ricettazione.