PESCARA – Sono 25 le misure di custodia cautelare emesse nei confronti di soggetti italiani e romeni, indagati per i reati di ricettazione ed associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti e al riciclaggio di rame. Il blitz dei carabinieri ha visto la partecipazione di oltre 100 militari delle province di Pescara, Chieti, Teramo, Foggia, Ascoli Piceno e Pesaro.
L’indagine ha preso il via nel mese di febbraio 2015, a seguito del sequestro di un furgone carico di rame condotto da un ragazzo rumeno. I carabinieri hanno quindi iniziato a monitorare il mezzo per verificare se quanto accertato fosse occasoniale o collegato ad una piu’ vasta realta’ criminale.
Attraverso una complessa attivita’, protrattasi da febbraio ad agosto 2015 e condotta con l’ausilio di intercettazioni telefoniche e video-ambientali, nonche’ con numerosi servizi di pedinamento, i carabinieri della compagnia di Pescara hanno accertato l’esistenza di una ramificata struttura criminale costituita da cinque diverse batterie di ‘predatori’, tutti di nazionalita’ romena, dedite alla commissione di furti consumati in aziende e private abitazioni in numerosi comuni di Abruzzo, Marche e Molise.
Le indagini hanno consentito di accertare il compimento di decine di colpi messi a segno con impressionante frequenza e spregiudicatezza. Secondo quanto accertato, il materiale rubato veniva poi trattato da un gruppo di italiani che fungevano da trade union tra le diverse bande, occupandosi prima della ricettazione dell’oro rosso, poi della sua trasformazione e quindi del suo riciclaggio attraverso due societa’ di smaltimento di rifiuti, con sede nella provincia di Chieti e da loro gestite.
In particolare gli stessi, una volta ricevuti cavi, grondaie, tubi e tutto cio’ che potesse contenere il prezioso metallo, lo polverizzavano con appositi macchinari, per poi reimmetterlo illecitamente sul mercato. Particolare il modus operandi: la batteria, una volta terminato il ‘lavoro notturno’, alle prime luci dell’alba contattava telefonicamente un pregiudicato italiano 41enne considerato il deus ex machina di tutta l’organizzazione, chiedendogli di prendere un caffe’; quella che poteva sembrare al primo momento una normale richiesta si e’ rivelata, pero’, essere una vera e propria frase in codice con la quale i ladri informavano il ricettatore di essere carichi di refurtiva e pronti alla consegna.
La merce veniva stoccata in un capannone nel chietino dal quale periodicamente veniva prelevata da camion con rimorchio per essere portata presso altri due capannoni delle compiacenti ditte di smaltimento rifiuti. Grazie all’installazione di una telecamera nei pressi del capannone di ‘stoccaggio’ i militari hanno potuto riprendere l’intenso traffico mattutino: con cadenza quasi quotidiana, infatti, due o tre furgoni delle batterie scaricavano quintali di rame rubato durante la notte.
Un secondo ‘caffe” serviva a fissare l’appuntamento, in diversi locali o bar della zona, per il pagamento di quanto dovuto: prezzi che si aggiravano sui 3 o 4 euro al chilo a seconda della qualita’ del rame. Una volta riempito il capannone i camion delle due ditte coinvolte trasportavano la refurtiva presso un altro sito a pochi chilometri di distanza; per mezzo di un mulino il prezioso metallo veniva lavorato, polverizzato e stoccato all’interno di big bags pronto per essere rivenduto sul mercato ‘pulito’.
Nel corso dell’ attivita’ sono state arrestate 18 persone in flagranza di furto, riducendo drasticamente la consumazione di tali tipi di reato e mettendo in crisi l’organizzazione al punto da costringere il capo ad incitare i “superstiti” ad incrementare i furti, arrivando perfino ad aumentare sensibilmente il corrispettivo pagato pur di mantenere immutati i quantitativi di metallo da lavorare. Nel mese di giugno i Carabinieri hanno deciso l’intervento nelle ditte: un blitz condotto unitamente a personale del Noe di Pescara ha portato al rinvenimento del mulino e di ben 8 tonnellate di rame triturato, 4 tonnellate di cavi ancora da lavorare e ben 20 tonnellate di residui di lavorazione. In totale il bilancio dell’operazione e’ stato molto significativo: piu’ di 30 le tonnellate di rame recuperato durante l’indagine per un valore di circa duecentomila euro, a cui vanno aggiunti i danni di volta in volta commessi.
Contestualmente agli arresti il Gip del tribunale di Pescara, dott. Nicola Colantonio, su richiesta del pm Andrea Papalia, ha emesso anche un decreto di sequestro dei capannoni e di 27 mezzi tra automobili, camion e rimorchi intestati alle due societa’, per un valore totale di circa ottocentomila euro.
C’e’ anche un caporal maggiore dell’Esercito Italiano, di origini abruzzesi e in servizio a Pesaro, tra gli arrestati dell’operazione ‘Red Coffee’ dei carabinieri di Pescara, che hanno sgominato una gang italo-romena dedita al furto di rame. L’uomo, che e’ agli arresti domiciliari, era il proprietario del deposito del Chietino in cui i ladri stoccavano la refurtiva dopo i colpi.
Nello specifico, sono quindici le persone rintracciate, altre dieci hanno lasciato l’Italia ed e’ stata, quindi, richiesta l’internazionalizzazione della misura. Tra gli arrestati finiti in carcere: Giuseppe Salvatore, 41 anni, nato a Pescara e residente a Francavilla al Mare, considerato il ‘deus ex machina’ dell’organizzazione; Rocco Sanvitale, 38 anni, originario di Guardiagrele e residente a Torrevecchia Teatina, Vasile Mustafa, 41 anni, Cristian Gherman, 30 anni, Ionut Sorin Pipi , 24 anni, Mihaita Hristu, 34 anni, Marian Hristu, 27 anni, Catalin Groza, 26 anni, Anghel Niculae, 42 anni, Iancu-Gabi Laktos, 25 anni, Cristi Vaduva, 32 anni, Claudiu Bojin, 36 anni, Cristian Memet 39 anni.
Nello specifico, Cristian Memet, gia’ conosciuto dalle forze dell’ordine, ricettava tutta la merce diversa dal rame. Nei pressi della zona in cui abitava, nell’area di via Tiburtina a Pescara, e’ in corso da parte dei carabinieri, in collaborazione con i militari del Noe, la bonifica ed il sequestro del terreno, di circa 200 metri quadrati, utilizzato come discarica. Tra i colpi messi a segno il furto di cinque chilometri di cavi dell’alta tensione a Casoli (Chieti) e delle grondaie del cimitero di Ortona dei Marsi.