TERAMO – Non bastava la vicenda della presunta contaminazione dell’Acqua del Gran Sasso dei giorni scorsi. Oggi emergono altri particolari, o meglio, altre sostanze: spunta anche il cloroformio dai referti della Asl effettuati tra agosto e novembre nel laboratorio Infn all’uscita a Casale S.Nicola. Lo rende noto un comunicato del Forum H20 nel quale vengono forniti anche dettagli sulla documentazione pubblicata sul sito della Gazzetta Amministrativa.
La scoperta è stata divulgata attraverso una nota a firma della stessa associazione: “Il cloroformio è stato trovato sia presso i Laboratori che a Casale S. Nicola il 7 novembre 2016 con valori in entrambi i casi di 0,1 microgrammi/litro, appena al di sotto dei limiti di legge (Concentrazioni Soglia di Contaminazione, CSC) per le acque sotterranee del Codice dell’Ambiente (D.lgs.152/2006, Tabella 2 dell’Allegato 5 al Titolo V della Parte quarta) pari a 0,15 microgrammi/litro; tre giorni dopo, il 10 novembre, ai Laboratori non risultano essere stati prelevati campioni; invece a Casale S. Nicola il Cloroformio era a 0,3 microgrammi/litro, il doppio del limite di legge (e i trialometani, la famiglia di sostanze in cui è ricompreso il cloroformio, in complesso 2,4 microgrammi/litro); il giorno 15 novembre sia nei Laboratori sia a Casale S. Nicola non risultavano tracce di cloroformio né di altri trialometani; il giorno 21 novembre, ultima data disponibile per quanto riguarda i controlli pubblicati, sia ai laboratori sia a Casale S. Nicola risultava un valore di Cloroformio di 0,5 microgrammi/litro, più del triplo rispetto alle norme ambientali (nei laboratori c’era solo il cloroformio mentre a Casale S. Nicola anche alcuni altri trialometani per un valore complessivo di 1,6 microgrammi/litro). Il limite “ambientale” per le acque sotterranee per il Cloroformio, come abbiamo ricordato, è di 0,15 microgrammi/litro. Cioè se un semplice cittadino ha un pozzo in campagna e trova in quell’acqua valori superiori a 0,15 microgrammi/litro deve attivare le misure di messa in sicurezza, analisi di rischio e poi di bonifica della falda. Invece, e capiamo che possa apparire piuttosto strano ai non addetti ai lavori, per le norme sulla potabilità nelle acque destinate al consumo umano il limite è molto più alto, di fatto 30 microgrammi/litro (considerando in realtà non solo il cloroformio ma tutti i composti della famiglia dei trialometani). Lo stesso vale per il Diclorometano trovato ad agosto. Il limite consigliato dai centri di ricerca governativi (non è tabellato nel D.lgs.152/2006) per le acque sotterranee per l’inquinamento ambientale è 0,15 microgrammi/litro, mentre per l’idropotabile è molto maggiore, 20 microgrammi/litro. Per il cloroformio c’è anche una spiegazione collegata all’analisi costi/benefici. Infatti l’introduzione della clorazione dell’acqua a fini alimentari ha determinato l’azzeramento di malattie gravissime che erano collegate alla distribuzione di acqua con organismi patogeni, salvando letteralmente milioni di persone. Il problema è che aggiungendo cloro, per reazione con la materia organica naturalmente presente nell’acqua, si formano trialometani e, tra questi, il cloroformio. Sono sostanze indesiderabili (tanto è vero che si sta cercando di sostituire la clorazione con altri metodi di disinfezione e nel D.lgs.31/2001 è scritto “I responsabili della disinfezione devono adoperarsi affinché il valore parametrico sia più basso possibile senza compromettere la disinfezione stessa.”) ma per le quali bisogna tener conto dell’analisi costi-benefici del loro uso.
Sempre l’associazione riferisce poi sul Diclorometano che sarebbe stato trovato il 30 agosto: “Nei referti dei controlli precedenti, del 2 e 16 agosto, il Diclorometano non era tra le sostanze cercate, sia nei Laboratori sia a Casale S. Nicola. In ogni caso l’acqua controllata non risultava in distribuzione; il giorno 30 agosto, come già sapevamo, ai laboratori si rileva una concentrazione di Diclorometano di 0,355 microgrammi/litro, il doppio dei limiti per le acque sotterranee per quanto riguarda gli aspetti ambientali, mentre a Casale S. Nicola di 0,042 microgrammi/litro. L’acqua captata non risultava in distribuzione. il giorno 1 settembre ai Laboratori il Diclorometano è a 0,3 microgrammi/litro. Nel referto l’acqua captata viene descritta come “in distribuzione”. A Casale S. Nicola il Diclorometano è al di sotto dei limiti di rilevabilità strumentale dell’ARTA (0,025 microgrammi/litro). Anche a Casale S. Nicola l’acqua risultava in distribuzione. il giorno 5 settembre sia ai Laboratori sia a Casale S. Nicola il Diclorometano è sotto i limiti di rilevabilità e l’acqua non risulta in distribuzione; dal controllo del 12 settembre in poi il Diclorometano non risulta tra le sostanze cercate, mentre continuano ad essere cercate sostanze a nostro avviso del tutto inutili come, ad esempio, esacloroetano e tetracloruro di carbonio, che erano state trovate esclusivamente nella Valpescara nel 2007 per la questione Bussi in quanto lì prodotte. nelle acque della rete di distribuzione il Diclorometano non risulta mai cercato, nè prima, nè durante nè dopo il caso di contaminazione accertato .
Le date a cui si fa riferimento nel testo si riferiscono a quelle dei prelievi. I referti arrivano alcuni giorni dopo. Si ricorda che dovrebbero esistere anche i controlli condotti direttamente dal Ruzzo, i cui referti attualmente non ci risultano disponibili al pubblico nella loro interezza”.