L’AQUILA – Il destino di ognuno di noi è sempre incerto. Walter non doveva essere su quell’elicottero, ma per fare un favore a un collega che aveva chiesto il cambio turno invece era lì. Walter era stato anche all’hotel Rigopiano tra la massa ignota dei soccorritori piombati da ovunque in Italia. Dalla strada pulita e ben asfaltata che taglia il candore assoluto dell’Appenino abruzzese i rottami dell’elicottero Aw139 sono una macchia simile alle altre, come gli alberi che spuntano spogli di neve. La pendenza è tale che anche la motoslitta non ce la fa. Da qui si percepisce la fatica di salire il pendio con gli sci ai piedi mentre si prega di trovare qualcuno vivo.
Gli uomini che salgono conoscono gli uomini che devono raggiungere. Sono soccorritori del 118, solo che adesso i secondi non lo sono più, lo erano qualche ora prima quando un medico dagli impianti sciistici di Campo Felice, in provincia dell’Aquila, tra i comuni di Lucoli e Rocca di Cambio, ha chiamato quel numero perché una sciatore aveva fratture ovunque e serviva urgentemente un elisoccorso. Come qui e come a Penne e a Farindola dove i volontari della Croce Rossa indossano il lutto al braccio per la morte di Gabriele D’Angelo, uno di loro, e da loro recuperato dalle macerie del Rigopiano.
Quando arriva la notizia a Penne, nel quartier generale delle operazioni, l’agitazione dei soccorritori fa subito pensare a qualche importante novità nelle ricerche nel cratere dell’albergo. Walter Milan, portavoce del Soccorso speleologico alpino, sbianca. Qualche minuto dopo è già in macchina con una squadra diretto a Campo Felice. Qui, sul ciglio della strada, ci sono uomini con gli scii in braccio che piangono, condividendo ricordi recenti. «Walter era uno di noi, un medico rianimatore storico del Soccorso alpino – dice Luigi Caterina di Chieti – Dopo essere stato al Rigopiano fino a lunedì era tornato a fare il suo lavoro, il dottore della Asl”.
Ettore Palanca è uno sciatore appassionato. Fa il maître all’hotel Rome Cavalieri di Roma, ma d’inverno, appena può, cerca la quiete sulle piste di Campo Felice. Palanca viene soccorso dal personale del primo intervento che lo porta a valle in una barella per una visita nell’infermeria. Ha una frattura a tibia e perone e il medico ordina di chiamare subito il 118.
«È la procedura standard» spiega Andrea Lallini, gestore degli impianti. Parte un elicottero dall’Aquila. A bordo ci sono un medico, Bucci, un infermiere, Giuseppe Serpetti, un tecnico dell’elisoccorso, Davide De Carolis, anche lui del Soccorso Alpino e anche lui al Rigopiano nei giorni precedenti. Poi c’è Mario Matrella di 42 anni, tecnico verricellista della società di aviazione Inaer, e il pilota, Gianmarco Zavoli. Il tempo è brutto, piove, il vento è forte, c’è una nebbia fitta. Ma il pilota considera buone le condizioni di sicurezza e atterra. Dopo aver caricato Palanca, senza neanche spegnere le pale, l’elicottero torna in volo diretto all’ospedale del capoluogo. Ma qualcosa è andato storto.
Le testimonianze possono aiutare a ricostruire cosa è successo, in attesa che le due inchieste già avviate, dalla magistratura e dall’Agenzia nazionale per la sicurezza in volo, facciano chiarezza sulle cause dell’incidente. È possibile sia stata la scarsa visibilità. I soccorritori, arrivati sul luogo, in un canalone, trovano l’elicottero spezzato, la coda del velivolo e la fusoliera disintegrate. I resti dei loro colleghi ovunque. Qualche ora dopo in ospedale, all’Aquila, dove vengono portati i corpi.