ROMA – In fondo è andato tutto come era nelle previsioni dei sondaggi: Cinquestelle primo partito, Centrodestra prima coalizione, Centrosinistra in fondo alla classifica, Pd che crolla. Il verdetto delle urne è chiaro e il procedere dello scrutinio aggiusterà i pesi ma non cambierà il senso della notte che ha stravolto la politica. M5S ha ottenuto circa il 31% dei voti, risultato epocale che però non basta contro un Centrodestra capace di raccogliere il 37% – quasi metà grazie alla Lega di Salvini (vicina al 18%, più di quattro punti sopra Forza Italia) – .
Silvio Berlusconi deve abbandonare il sogno di Tajani premier, il Pd si scopre nel pieno di una crisi ben più profonda di quella immaginata fino a ieri (Dem sotto il 20%, coalizione intorno al 24%), così Matteo Renzi comincia a pensare davvero all’addio. Tonfo rumoroso anche per Liberi e Uguali, che si poneva come traguardo il 6% ma fatica a raggiungere il 3,5. L’affluenza si è attestata al 73% circa contro il 75,2% del 2013.
Questi numeri offrono poche certezze. La più evidente: formare un governo sarà impresa complicatissima. Provando a proiettare i dati della prima mattina sui seggi, al Senato – dove la maggioranza è a quota 158 – il centrodestra oscilla tra i 128 e i 140 seggi, il M5S tra 109 e 119, il centrosinistra tra 47 e 55, e una decina di senatori formerebbero la pattuglia di Leu. Alla Camera (maggioranza a 316) il centrodestra avrebbe tra 248 e 268 seggi, il M5s tra 216 e 236, il centrosinistra si attesterebbe tra 107 e 127. Dopo una campagna elettorale a base di incomunicabilità reciproca – più o meno tutti i contendenti si sono detti indisponibili a trattare con gli avversari – i numeri costringeranno le forze politiche a fare ciò che fino ad oggi non sono riuscite a fare: cercare un dialogo.
Improponibile un Nazareno bis (Forzisti e dem non avrebbero i numeri per fare da soli), improponibile un governo fatto solo dai Cinque stelle, com’è improponibile la pretesa del Movimento di trovare un accordo accogliendo chi accetterà in toto programma e squadra di governo già presentati da Di Maio (e allora non sarebbe un’alleanza e non si capisce chi potrebbe avere interesse a sottoscriverla).
Nero l’umore in casa Pd: «Una sconfitta chiara e netta, un risultato molto chiaro nella sua negatività» ha dichiarato il vicesegretario del Partito Democratico, Maurizio Martina, preannunciando un intervento di Renzi. Il quale sarebbe sempre più vicino alla decisione di lasciare la guida del partito. Lo stesso Martina ha seguito lo spoglio con Renzi e Luca Lotti dagli uffici del Nazareno.
Raggianti, invece, i Cinque stelle. «Un’apoteosi» ha commentato Luigi Di Battista dal quartier generale del M5S allestito all’’Hotel Parco dei Principi a Roma dove un boato da stadio ha accolto i dati che si sono seguiti durante la notte fin dalle prime proiezioni. «Se questi dati verranno confermati, si tratterà di un trionfo del M5S, che dimostra che tutti quanti dovranno venire a parlare con noi e questa sarà la prima volta». Il deputato romano (che ha scelto di non ricandidarsi) continua: «Dovranno venire a parlare, utilizzando i nostri metodi di correttezza, trasparenza e credibilità. E questo verrà nelle prossime settimane».
Delusione Bonino. Le urne assegnano a +Europa un risultato inferiore alle attese con un’oscillazione che va dal 2,4 al 2,7%, sotto la soglia del 3% necessaria per entrare in Parlamento. Nessuno al Comitato è pronto ancora a metterci la faccia ufficialmente, ma informalmente si registrano dubbi crescenti sulla possibilità di brindare e portare alla Camera e al Senato una propria pattuglia anche se lo spoglio delle urne in grandi città come Roma e Milano fa ancora sperare in una sorpresa. Qualora le percentuali restassero basse, l’unica che avrebbe una chance di ottenere un seggio, attraverso il meccanismo dell’uninominale, sarebbe proprio Emma Bonino.
La carenza di personale che sembra influire sullo spoglio dei voti degli italiani all’estero a Castelnuovo di Porto non dipende dalla prefettura di Roma, secondo quanto viene precisato da fonti della stessa. La nomina di presidenti e scrutatori dipende dalla Corte d’Appello di Roma e dal Campidoglio, viene sottolineato, e il prefetto non può svolgere alcun ruolo. I disguidi riguardano l’assenza di alcuni scrutatori e l’arrivo in ritardo di alcuni presidenti sostituti .
Il resto del mondo guarda con apprensione alla situazione di stallo. I giornali raccontano un «parlamento appeso» e un’Italia senza maggioranza. Dalla Bbc al Wall Street Journal, dalla Reuters a El Pais, da Le Monde al Guardian, titoli e tweet puntano sulla vittoria della coalizione di centrodestra e sull’affermazione del Movimento 5 stelle, senza che però sia garantita la governabilità. In primo piano anche il «pieno» dei partiti antieuropeisti. «Le elezioni italiane consegnano un parlamento appeso» un «hung parliament», twitta la Reuters. Sulla stessa linea la Bbc, che parla di «Parlamento appeso con gli anti-establishment del M5S primo partito e la coalizione di centrodestra in testa». In Italia «non emerge alcuna maggioranza, i partiti anti-europei fanno il pieno», scrive Le Monde. E l’Afp cinguetta «la coalizione di centrodestra in testa nel voto italiano, ma la maggioranza è incerta secondo gli exit poll».
«I sondaggi prevedono un blocco politico in Italia», è l’apertura del Pais che parla di «imprevedibile scenario di alleanze». «Nessuna maggioranza nelle elezioni italiane» è la lapidaria apertura della Cnn, che evidenzia come gli «anti-establishment» M5S «probabilmente conquistano la maggioranza dei seggi». Per il Wall Street Journal «la mancanza di un vincitore assoluto farebbe del gruppo dell’ex premier Berlusconi la più grande coalizione in parlamento, ma non ci sarebbe una maggioranza assoluta». Anche il Guardian non vede «una vera maggioranza» dopo «una delle più incerte elezioni» degli ultimi anni e per il Financial Times «Berlusconi e i Cinquestelle si disputano il primo posto».