PESCARA – A tenere le fila di tutto era il cosiddetto “creatore”: veniva chiamato cosi’ il capo della banda che, stando all’accusa, rubava l’identita’ di persone, ditte e societa’ anche grazie alla complicita’ di impiegati della Camera di commercio, e stipulava contratti multi-businnes per la fornitura di servizi di telefonia mobile ricevendo costosi smartphone con relative sim-card, e tablet. Per questo motivo è scattata all’alba l’operazione ‘Hydra’ dei carabinieri di Popoli per l’esecuzione di sette arresti e 14 perquisizioni domiciliari per smantellare l’organizzazione criminale dedita alle truffe in danno delle maggiori compagnie di telefonia mobile. Gli apparecchi finivano nelle mani di altri affiliati della organizzazione grazie alla complicita’ di corrieri che si prestavano, dietro compenso, a consegnare la merce a destinatari diversi da quelli indicati nei documenti contabili.
Cellulari e tablet venivano poi rivenduti e comunque immessi sul mercato della telefonia, attraverso l’intervento di altre persone dislocate tra le province dell’Aquila, Teramo, Chieti, Modena e Pescara. Per eludere la necessita’ di avere di volta in volta un conto corrente bancario per l’addebito delle fatture, venivano aperti conti correnti su banche on line le cui coordinate venivano puntualmente utilizzate per la stipula dei contratti telefonici.
Al momento, i carabinieri hanno identificato oltre 180 persone (fisiche e giuridiche) le cui generalita’ sono state rubate e utilizzate per portare avanti questo giro e i profitti sono stati stimati attorno ai 200mila euro. Le indagini hanno preso il via dopo le denunce di cittadini che si sono scoperti intestatari, a propria insaputa, di utenze telefoniche per le quali non avevano stipulato alcun contratto ma si vedevano recapitare mensilmente ingenti fatture relative alla fornitura del servizio.
I militari dell’Arma, che hanno filmato le consegne degli apparecchi e intercettato le telefonate di ogni appartenente alla banda, hanno recuperato, restituendoli agli aventi diritto, oltre 120 tra apparecchi e sim, sparsi in tutta la regione e oltre. Il terminale esterno della banda era un commerciante di telefonia residente a Modena, con attivita’ a Bologna, che estendeva i suoi rapporti commerciali illegali anche sul mercato dell’est Europa.
Gli arrestati sono tutti ai domiciliari e le perquisizioni sono avvenute in Abruzzo e in Emilia Romagna, in provincia di Modena. Gli indagati sono 14, complessivamente, ma dall’inizio delle indagini (ottobre 2012) le persone monitorate sono state 23, e per gli altri nove si è proceduto ad uno stralcio. Tra i soggetti per cui e’ avvenuto lo stralcio anche il personale compiacente della Camera di commercio di Teramo, che otteneva denaro contante e telefonini in cambio di favori, stando alla ricostruzione dei carabinieri.
Il cosiddetto “creatore” e’ un cinquantenne di Giulianova (Teramo), D.S.M., nullafacente, che ha ideato il tutto. Gli altri arrestati sono R.S.U., 25 anni, di Popoli, C.W., 41enne di Sulmona, C.M., residente a Colonnella, di 38 anni, B.M. di Francavilla al Mare di 42 anni, F.A. di Modena, di 44 anni, e C.F. di Pineto di 50 anni. Le societa’ che hanno subito le truffe sono la Vodafone e la Telecom mentre gli autisti compiacenti dei corrieri sono tre, che smistavano la merce nel territorio di Popoli e dintorni.
Il gruppo, con compiti ben definiti per ciascun componente, carpiva dati e generalita’ di persone fisiche e giuridiche anche attraverso la Camera di commercio, creava falsi documenti di identita’ per accendere conti correnti bancari e quindi stipulava contratti con le compagnie telefoniche per ricevere telefonini e tablet (talvolta con schede prepagate all’interno) che poi venivano ricollocati sul mercato, italiano ed estero, anche attraverso commercianti compiacenti.
Il giro e’ stato segnalato all’Arma anche dalle compagnie telefoniche che hanno scoperto, attraverso i servizi di sicurezza interni, l’esistenza di piu’ contratti stipulati dagli stessi clienti. Le indagini proseguono anche per accertare l’esistenza di eventuali altri canali, in Sardegna e Romania. I pezzi sequestrati hanno un valore di circa 40 euro e i profitti di 200mila euro sono stimati dagli investigatori per ogni bimestre di attivita’ del gruppo, ha spiegato il tenente Tonino Marinucci alla presenza del colonnello Francesco Carleo.