BUSSI SUL TIRINO – “Non c’è stato pericolo per la salute pubblica, in quanto l’acqua emunta al Campo pozzi era sostanzialmente potabile e minimamente contaminata, mentre l’acqua di falda (nel punto di maggior contaminazione) non era neppure ipoteticamente destinabile per scopi alimentari”. Per questo motivo la conclusione è stata l’assoluzione di tutti gli imputati, perché il fatto non sussiste.
E’ uno dei passaggi chiave delle motivazioni della sentenza del processo riguardante la mega discarica di Bussi, che si e’ concluso il 19 dicembre scorso davanti alla Corte d’Assise di Chieti, presieduta dal giudice Camillo Romandini (giudice a latere Paolo Di Geronimo) con l’assoluzione di tutti e 19 imputati (quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison) relativamente al reato di avvelenamento delle acque. Il disastro ambientale e’ stato invece derubricato in colposo e, quindi, dichiarato prescritto. Le motivazioni, di circa 188 pagine, sono state depositate questa mattina.
“Le condotte poste in essere dagli imputati non denotano affatto una comune e precostituita volonta’ criminosa, frutto della volonta’ di occultare lo stato di contaminazione della falda, potendosi al piu’ ritenere che vi sia stata la volonta’ di rappresentare un quadro della contaminazione del sito dello stabilimento tale da limitare le doverose attivita’ di messa in sicurezza e bonifica”. Cosi’ i giudici della Corte d’Assise di Cheti motivano l’assoluzione dei 19 imputati (quasi tutti ex amministratori e vertici della Montedison) del processo sulla mega discarica di Bussi.
“Ritiene la Corte che la considerevole documentazione probatoria acquisita al processo non consenta affatto di ritenere provata l’esistenza di una unitaria strategia d’impresa volta al perseguimento di una finalita’ criminale qual e’ l’avvelenamento doloso dell’acqua potabile”. Secondo i giudici, inoltre, “si ha una totale sfasatura tra i vantaggi che sarebbero conseguiti alla commissione del reato ed i possibili effetti pregiudizievoli; nessuno degli imputati avrebbe tratto un vantaggio personale, ne’ e’ stato dedotto che gli stessi abbiano ricevuto forme di remunerazione sia pur indiretta, al contempo, gli imputati che risiedevano nella zona alimentata con le acque contaminate venivano ad essere esposti al rischio derivante dal presunto avvelenamento”.
“In conclusione, ritiene la Corte che ritenendo di dover effettuare la valutazione in ordine alla sussistenza di un pericolo per la salute pubblica in relazione alle acque effettivamente destinate al consumo umano, da identificarsi esclusivamente in quelle emunte presso il campo pozzi, prima della loro miscelazione e distribuzione, si perviene agevolmente all’esclusione del reato di avvelenamento” E’ quanto scrivono i giudici della Corte d’Assise di Chieti nel motivare l’assoluzione dei 19 imputati del processo sulla mega discarica di Bussi. A tal fine i giudici fanno poi riferimento alla tabella contenuta nella relazione dell’Istituto Superiore di Sanita’ nella quale vengono compendiati i risultati relativi a 490 campioni esaminati dall’Arta (Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente) nel periodo 2004-2007.
“Le sostanze inquinanti riscontrate – si legge nella motivazione – sono risultate esser presenti in concentrazioni contenute, occasionalmente superiori rispetto ai valori-soglia previsti dal d.lgv.31/01 e mai superiori a quelli stabiliti dal previgente DPR 236/88, in ogni caso con concentrazioni tali da non poter costituire un effettivo pericolo per la salute pubblica”.
“Ne consegue che – si legge ancora nelle motivazioni – quanto meno fino a tutto il 2003 (anno di permanenza del Pdr 236/88) le acque emunte al campo pozzi non solo non potevano considerarsi avvelenate, ma addirittura rispettavano i parametri previsti per la potabilita’. L’entrata in vigore del d.lgv 31/01 ha comportato un abbassamento dei valori-soglia per la potabilita’ dell’acque e, conseguentemente, sono stati registrati alcuni sporadici e quantitativamente modesti sforamenti dei valori soglia. Se tale elemento ha inciso negativamente sull’utilizzabilita’ dell’acqua emunta dal campo pozzi Sant’Angelo per fini potabili, non se ne puo’ desumere anche l’avvenuto avvelenamento della stessa, difettando l’accertamento in termini scientifici della effettiva pericolosita’ dell’acqua per la pubblica salute”.