ROMA – Sulla scia di segnali incoraggianti e convergenti, Renzi coglie l’opportunità di una intervista al “New York Times”, per incrementare ottimismo e auto-elogi («Sono il più giovane leader che l’Italia abbia mai avuto, sto usando la mia energia e il mio dinamismo per cambiare il mio Paese») e al tempo stesso ha deciso di ripristinare in tempi accelerati la squadra di governo, rimasta incompleta dopo le dimissioni di Lupi.
Quasi certamente oggi stesso giurerà davanti al capo dello Stato il nuovo ministro delle Infrastrutture, l’attuale sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio. Dopo il passaggio vittorioso nella direzione Pd di due giorni fa, Renzi ha utilizzato la giornata di ieri per riempire (quasi) le caselle necessarie al mini-rimpasto dentro al governo. La cosa più urgente era sostituire il ministro dimissionario, Maurizio Lupi alle Infrastrutture e Renzi ha deciso di puntare su Delrio. Una decisione più problematica di quanto non possa sembrare. Il presidente del Consiglio ha soppesato per diversi giorni pro e contro dei vari incastri. Per Renzi l’ideale sarebbe stato non toccare per nulla la squadra di palazzo Chigi, incardinata su Graziano Delrio (sottosegretario alla presidenza) e su Luca Lotti (sottosegretario all’Editoria ma anche factotum del premier).
Visto con l’angolo visuale del premier, Delrio è considerato personaggio spigoloso nel carattere, con un profilo diverso da quello del presidente del Consiglio, ma gran lavoratore, conoscitore della macchina amministrativa e comunque sempre leale con Renzi. Il premier lo avrebbe lasciato al suo posto, ha accarezzato l’idea di affidare il ministero a Roberto Speranza, attuale capogruppo alla Camera, ma alla fine ha puntato su Delrio, che da parte sua è ben felice di assumere la guida di un ministero di punta come le Infrastrutture. Probabilmente, ma su questo non è mai trapelato nulla, in questi giorni preliminari Delrio ha assecondato il trasloco anche perché cominciava a vivere con una certa “stanchezza” la sua permanenza a palazzo Chigi e la non perfetta simmetria col suo premier.
L’operazione Delrio rischia di aprire una voragine a palazzo Chigi. Tra i possibili successori di Delrio, ieri sera a palazzo Chigi qualche chance (ma molto poche) venivano attribuite a Luigi Zanda, presidente dei senatori Pd; al vicesegretario Lorenzo Guerini; ad Ettore Rosato (vice di Speranza alla Camera), in questi mesi il vero “motore” del gruppo di Montecitorio. Rumors accreditavano anche Maria Elena Boschi, i consiglieri economici Yoram Gutgeld e Adriano Guerra. Ma il più quotato (anche se a palazzo Chigi negavano) è Luca Lotti, in questi 14 mesi, l’ uomo di fiducia di Renzi, grandi capacità di lavoro, grande intuito politico.
E dopo un incontro a palazzo Chigi con Angelino Alfano e Maurizio Lupi a palazzo Chigi, è stata risolto il problema di l’attribuire un ministero al Ncd. Mentre resta da decidere ancora il nome del ministro. Renzi ha ritenuto ragionevole e compatibile con l’assetto del governo, la richiesta di Alfano di un ministero delle Regioni arricchito dal “portafoglio” dei fondi europei e per il Mezzogiorno, mentre ha obiettato alla proposta di Alfano di attribuire il dicastero a Gaetano Quagliariello.
Non certo per motivi di carattere personale, ma perché «vorrei riequilibrare il rapporto tra uomini e donne», visto che la perfetta parità è saltata dopo l’ingresso di Paolo Gentiloni agli Esteri al posto di Federica Mogherini. Per la successione a Lupi, sono in corsa quattro donne: Federica Chiavaroli, abruzzese di Penne, vicepresidente dei senatori di Area popolare, vicina a Quagliariello; la deputa romana Rosanna Scopelliti; l’ex europarlamentare Erminia Mazzoni; la bolognese Valentina Castaldini, portavoce del partito, che ha qualche chances in più perché Renzi ha chiesto ad Alfano un nome del Nord. E quanto a Maurizio Lupi dovrà attendere ancora un po’ prima di assumere la guida del gruppo parlamentare della Camera. Nunzia Di Girolamo non si è voluta dimettere e dunque è partita una raccolta di firme tra i deputati per sfiduciarla.