ROMA – Matteo Renzi, in diretta Facebook nel corso di #Matteorisponde, racconta come è andata la telefonata con il padre Tiziano alla vigilia dell’interrogatorio sul caso Consip in cui gli chiese di dire tutta la verità ai magistrati: “Mi sono permesso di ricordare a mio padre, un uomo che in vita sua non aveva mai visto un tribunale, fino a quando io non sono diventato premier, che ha la fedina penale pulita e non è abituato a questa pressione, che se sapeva qualcosa era bene che lo dicesse».
Nella telefonata del 2 marzo scorso, fatta alle 9.45 Matteo dice al padre: «Devi dire nomi e cognomi» ai magistrati, chiedendo poi esplicitamente: «È vero che hai fatto una cena con Romeo?». La telefonata è trascritta nel libro del giornalista Marco Lillo — Di padre in figlio — riportato oggi dal «Fatto quotidiano» per cui la procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo per violazione del segreto d’ufficio e pubblicazione arbitraria. Secondo i magistrati l’intercettazione tra i due non ha alcuna rilevanza penale, e non è presente in alcuna informativa, ma figura solamente nell’audio.
«La pubblicazione della telefonata tra me e mio padre è illegittima perché viola le norme» dice adesso il segretario del Pd. «Sono per la legalità e sono curioso di sapere perché qualcuno sta violando la legge e non siamo noi», aggiunge di aver usato toni duri con il padre, di cui oggi si dispiace. Nel corso della telefonata, Matteo Renzi avrebbe fatto riferimento all’inchiesta nella quale suo padre è implicato: «un presunto caso di corruzione, traffico illecito di influenze e soffiate istituzionali», scrive Lillo, «in cui sono coinvolti un imprenditore napoletano, Alfredo Romeo; alcuni dirigenti della Consip che si occupa di gran parte degli acquisti della Pubblica amministrazione», Tiziano Renzi e Luca Lotti. L’ex premier avrebbe chiesto conto al padre di un incontro con Romeo «nel periodo in cui l’ amico Carlo Russo contrattava un pagamento di 30 mila euro al mese per Tiziano con lo stesso Romeo». L’ex premier sa, scrive Lillo, «che rischia di essere intercettato». Ma fa trasparire ugualmente quella che il «Fatto» definisce la «sfiducia» nei confronti del padre.
Renzi racconta in diretta di essere stato invece assolutamente convinto dalle risposte ricevute e di aver detto all’amico con cui si trovava in quel momento: «Secondo me mio padre con questa storia non c’entra nulla». La risposta di Tiziano Renzi, riportata dai carabinieri del Noe (ai quali la procura di Roma ha tolto le indagini) nel brogliaccio dell’intercettazione ottenuta da Lillo, è «sibillina: Tiziano dice di no e che a cena non è mai andato, ma se lo ha incontrato in un bar non lo ricorda». «Non me lo ricordo», aggiunge il padre di Renzi, per poi aggiungere «l’unico può essere stato…». Nel seguito della conversazione, Tiziano Renzi allude a a un incontro avvenuto al Four Seasons con esponenti del mondo delle imprese ai tempi delle primarie di fine 2012.
«Devi immaginarti cosa può pensare il magistrato: non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino», avrebbe detto l’ex premier al padre secondo quanto riportato. «Se non me lo ricordo non posso farci nulla», spiega il padre di Renzi. L’ex premier a quel punto, prima di chiudere la telefonata, torna a dire al padre di «dire la verità, in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca (Lotti) e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e riferire tutto quello che vi siete detti». «Andrai a processo, ci vorranno tre anni, e io lascerò le primarie», avrebbe detto Matteo a papà Tiziano.
«È tutto assolutamente in linea con la nostra difesa. Sono cose che abbiamo spiegato ai pm, sono stato io stesso prima dell’interrogatorio a fare pressione sia su Matteo sia su suo padre affinché dicesse tutto. E Tiziano Renzi ai magistrati ha detto tutto. Nessun incontro con Alfredo Romeo, ma se poi sei abituato che ad ogni evento pubblico quando arrivi ci sono 5000 persone a cui stringi la mano ci vuole un po’ più di tempo a mettere a fuoco», questo il commento dell’avvocato Federico Bagattini, legale di Tiziano Renzi.
Renzi si era già difeso su Facebook con un lungo post del medesimo tenore, spiegando che: «Nel merito queste intercettazioni ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità». «Umanamente le intercettazioni mi feriscono perché sono molto duro con mio padre. E rileggendole mi dispiace, da figlio, da uomo. Da uomo delle istituzioni, non potevo fare diversamente, ma politicamente mi fanno un regalo», scrive Matteo Renzi. «Mio padre non ha mai visto un tribunale fintantoché suo figlio è diventato premier», ricorda Renzi. «Fino a quel momento ha vissuto tranquillamente la sua vita, esuberante e bella: ha 66 anni e proprio sabato scorso ha festeggiato i 45 anni di matrimonio. Quattro figli, nove nipoti, gli scout, il coro della chiesa, il suo lavoro e naturalmente la passione civica per Rignano: è un uomo felice. Ha conosciuto la giustizia solo dopo che io sono arrivato a Palazzo Chigi. Non è abituato a questa pressione che deriva dal suo cognome più che dai suoi comportamenti. Gli ricordo che se sa qualcosa è bene che la dica, all’avvocato e al magistrato. La verità prima o poi emerge: è giusto dirla subito.