Vive a Pescara dal ’92. Attrice, opinionista, scrittrice. Bella donna, di elegante fascino intellettuale, e perché no, di magia indescrivibile, al suo apparire sul palco, cattura il pubblico con cromatica intelligenza del gesto, la meraviglia del suo affabulare. Vederla in scena,Viviana, è tornare al tempo incosciente dell’infuocata gioventù, quando la stagione più incosciente della vita ti propone al mondo, quando e la passione e la volontà diventano emblemi dell’esserci, quando voglia e desiderio carpiscono le vibrazioni più intime, questo è il momento che segna l’indelebile confine tra la noia e la vita.
E’ l’immagine di Viviana Bazzani, quando hai la fortuna di poterla guardare. E’ la mitologia della maschera teatrale, è l’intelligenza che si rigenera ad ogni parola, e allora lo spettatore ha davanti a sé il senso della metamorfosi, perché è l’ironia dell’attrice, la comicità raffinata, il gesto vibrante della mano, il tormentoso talento, che travolge lo spettatore in vortici di beltà mai sopita. Viviana, donna, attrice di intelletto supremo, fa del teatro palestra di serietà, perché, questo mestiere, a suo dire, e non può che essere così, merita rispetto e devozione, perché è cultura!
Dunque, Viviana, milanese, vive a Pescara, ma di questa città, cresciuta nel suo ovattato benessere, avvolta nel suo atavico disordine mentale, lei ne ha sofferto, da vera pescarese colta, il suo sentirsi angusta provincia, quel provincialismo stantio di muffa e immobilità. Città- regione, certamente bella, ma da sempre mal percepita, ancor peggio colpevolmente gestita da una cultura politica primitiva. Una regione, afferma Viviana, che potrebbe vivere di solo turismo, sia invernale che estivo, poiché unica terra in Italia che ha mare e montagna ravvicinati. Eppure è tremendamente difficile fare cultura o animazione nei pomeriggi estivi, per la cronica pigrizia del pescarese, che vuole rimanere al mare fino a tardi senza essere disturbato.
E’ la sua innata ironia che la porta a dire tutto questo, e forse è l’unico tratto culturale che la lega alla città, che nel suo dna, ha la sanguigna ironia del parlare. Già , il parlare; preziosa qualità di Viviana, che appare ogni volta nella sua fatale fisicità che prorompe sul palco. Le sue donne, sulla scena, spesso disordinate o pazzoidi stralunate, sono figlie della sua innata comicità, ne racchiudono accenti fatali. La sua intelligenza imperiosa si appropria della scena, la modella a sua immagine, per poi prendere per mano lo spettatore affascinato e portarlo nel suo maniero di specchi come una sovrana signora, esattamente come fa nel suo ultimo lavoro teatrale: “L’incrocio di Aurelio Caressa”, con la regia dell’autore che, dopo il grande successo avuto in un teatro storico di Roma, Anfitrione, prossimamente porterà in tournèè a Napoli, Firenze, Milano, tra la sua gente.
Attualmente impegnata nelle riprese del film “ I sommersi” del regista lancianese Bruno Spadaccini, dove però interpreta una donna disperata dalla deportazione. Tratto dal celebre romanzo di Primo Levi “Se questo è un uomo”, Viviana incarna l’amica dello scrittore con il quale si rivede dopo trent’anni, da deportata. Tutta la sua fisicità, si trasforma in un dolore tormentoso che istiga al brivido, ma che nei suoi movimenti, nelle sue pause stilistiche sconvolge la visione.
Dice di lei : “ C’è sempre emozione quando salgo sul palco, – ho le farfalle nello stomaco – ma a differenza del cinema, che pure ha il suo fascino, è immediato; e l’attore teatrale, a ogni rappresentazione da sfumature sempre diverse, l’emozione è tanta, ma una volta fuori dal ruolo di attrice, divento la Viviana di tutti i giorni, una donna come tante, che fa una vita normale. Cosa che non succede nelle piccole città di provincia, dove molti attori anche fuori dalle scene, mantengono quel distacco ipocrita, atteggiandosi sempre. Detesto tutto questo, perché la gente capisce se sei falsa o no, io sono cosi, mi si può odiare o amare, ma mi si legge in faccia se mi ti stai sulle scatole. Noi in Abruzzo, abbiamo tanti bravi attori o registi che snobbati in città sono stati costretti a fuggire”.
“Ho messo su la compagnia, con il nome di ‘I perplessi’. Quello che è faticoso sono lo spese perché lo stato sta uccidendo il teatro mediante la Siae con tasse e multe. Sarebbe bello se tutti gli attori si mettessero insieme per dire basta a questo sfruttamento. Il pubblico italiano non è ignorante, anche se molti addetti ai lavori lo pensano solo per far vedere loro grosse cavolate. Purtroppo il pubblico dei teatri diminuisce. In Abruzzo poi, c’è il malvezzo di distruggere il lavoro di altri, e non sapendo su quali argomenti discutere, alcuni si arrampicano sugli specchi. Noto che in Abruzzo si fa sempre dialetto, che molte volte trascende nelle parolacce e nella volgarità”.
“Il dialetto non ha bisogno di grande tecnica, non ha bisogno della dizione, ma si rappresenta quel parlare cadenzato.Qualche sera fa, al nostro spettacolo, in italiano, abbiamo avuto una critica spocchiosa da parte di una signora che fa parte di un gruppo teatrale, sedeva in prima fila e sbadigliava, cosa da non fare mai perché cosi si uccide il teatro, si deve rispettare il lavoro degli altri, questo non è professionismo” .
Viviana Bazzani, dunque donna di cultura, attrice che sul palco dona quel senso inebriante, che si fermenta in magmatiche passioni, avvolge, trascina i suoi compagni di viaggio, attori o platea che siano, per poi portarli in arditezze inimmaginabili, dondolarli in una dimensione di dormiveglia onirico, dal parlare poliedrico e stilistico affabulare.
ARXIS